Paracelso e l'astrologia

L’astrologia è uno dei quattro pilastri della medicina di Teofrasto Paracelso (1493-1541). In uno dei suoi scritti più sistematici, il Paragrano (1530), il più famoso dei maghi rinascimentali – ma in verità anche chirurgo di fama europea – concludeva che non poteva darsi un buon medico senza che costui fosse anche astrologo (astronomo) preparato. Conoscere i cieli significava, per Paracelso, conoscere la terra e l’abitante eletto, l’uomo, nella sua complessione, di buona o cattiva salute che fosse. Insieme all’astrologia, era necessario che il medico fosse anche filosofo, virtuoso e alchimista. Quattro facce di un sapere risultante dal plesso teorico-pratico che fosse guida per l’intervento terapeutico e assistenziale.

Secondo Paracelso, l’uomo può leggere il grande libro della natura sulla terra e sopra di essa, poiché tutto il cosmo è pervaso da signaturae (segni) che rappresentano simbolicamente le grandi corrispondenze universali e il loro dipanarsi nel mondo animato delle simpatie. Tutto è in ogni cosa e viceversa: lungo questa scala ontologica, che ereditava i contributi della magia colta e cerimoniale (compresa quella di Ficino), il rapporto più esclusivo poteva essere ravvisato nell’ultima e più grande delle corrispondenze, quella macro-microcosmica. L’uomo è ricettacolo dell’universo, e tutto ciò che noi possiamo leggere e individuare nel cosmo, lo ritroveremo in scala nel microcosmo, quel meraviglioso mondo in miniatura rappresentato dall’uomo. La conoscenza dei cieli conduce dunque alla conoscenza dell’uomo. Paracelso credette a tal punto nella specularità celeste dell’individuo da rivelarsi deciso antagonista dell’anatomia scientifica. Due anni dopo la morte di Paracelso, nel 1543, la pubblicazione del De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio contribuì, fortemente, a ridimensionare la portata teorica delle sue conclusioni. Fatta salva, tuttavia, l’assoluta importanza della sua figura (che solo di recente la storiografia ha contribuito a restituire), va detto che l’astrologia paracelsiana è stata a lungo malintesa o quantomeno concepita entro coordinate che la legavano, discutibilmente, alla tradizione medievale.

I cieli paracelsiani sono così costituiti: da un lato formano lo specchio di quello che un uomo è o fa, dall’altro dell’uomo sono il preludio, il riassunto e la profezia. Nell’impianto della corrispondenza macro-microcosmica, ogni malattia e ogni parte del corpo umano hanno un corrispettivo, un luogo, nel firmamento celeste. Dal momento che, però, ciò che è nel grande cosmo è anche nel piccolo, anche il singolo individuo è dotato di un suo firmamento, una sorta di cielo interno all’uomo, composto da sette organi fondamentali, quante sono le sfere dei pianeti. La concordanza astrale incide anche sui medicamenti somministrati al paziente. Farmaci, rimedi e preparati sono da intendersi in stretta connessione con gli astra, l’azione dei quali non sarebbe di tipo causale. In altri termini, per Paracelso non esiste un sistema di cause naturali (per dirla con Pomponazzi) o di influssi astrali in senso fisico. In luogo di un’azione diretta del cielo, il medico svizzero preferiva infatti usare, ancora una volta, il termine di corrispondenza. Specchio del mondo naturale, il mondo celeste anticipa, prevede, modella e disegna l’uomo, lo riflette e lo comprende, lo determina e determina ciò che entra in contatto con lui.

Alla luce di queste considerazioni, il grande studioso di Paracelso Walter Pagel si è chiesto se sia lecito parlare di astrologia, in senso stretto, nell’economia del suo pensiero. In verità, apparirebbe più corretto parlare di una sorta di astrosofia, che eliminando le cause generali dell’astrologia tradizionale, ha posto l’accento sulla nozione di corrispondenza e sulle virtù specifiche degli oggetti. Rispetto a Pomponazzi, egli ha fatto il percorso inverso, recuperando elementi astrologici che se da un lato hanno favorevolmente condizionato il versante pratico della sua dottrina, dall’altro hanno caratterizzato la sua dottrina in una chiave più spiccatamente qualitativa. Per restare su questo versante, va ricordato che l’asse del pensiero paracelsiano ruota attorno a un progressivo processo di disvelamento dell’occulto. Tutte le sotterranee e segrete corrispondenze che abitano il libro della natura, indagato attraverso il suo alfabeto (terrestre e celeste), debbono essere portate alla luce, rese manifeste nella loro intrinseca intelligibilità.

Con la dinamica occulto-manifesto si spiega perfettamente la relazione fra esteriorità e interiorità: ogni arcanum o mysterium ha un suo corpo associato, dunque ogni corpo fenomenico contiene in sé la propria essenza. Proprio a partire da questa dottrina diviene allora comprensibile il rapporto fra individuo e determinismo astrale. Se anche, scriveva Paracelso, possiamo immaginare un influsso dei corpi celesti sull’uomo, purtuttavia dobbiamo ravvedere negli arcana e nei mysteria, ossia nell’essenza di ogni singolo corpo, gli strumenti per contrastare quanto di negativo passa dal cielo esterno nel cielo interno dell’individuo. Riassumendo, nella dottrina paracelsiana sono contemplate le forme di sottrazione al determinismo astrale proprie del soggetto agente, connotato da libertà di scelta e di decisione che lo rendono responsabile del proprio destino.

Coloro che si occupano di prognostici e profezie, in ultima sede, dovranno dunque limitarsi a studiare i segni celesti della corrispondenza fra il corso degli eventi terrestri e quello rappresentato nei cieli, l’uno modello dell’altro e viceversa, come il modello rispetto alla copia, o il progetto rispetto alla sua realizzazione. Ma se due mondi paralleli scorrono dinanzi ai nostri occhi, ciò non comporta che tutti gli individui debbano necessariamente agire in pieno accordo con gli astri. La fede nell’affrancamento dalla mondanità (anche quella celeste) libera l’individuo e lo pone al di sopra della necessità e della corrispondenza come rete di coordinate che predeterminano, in senso stretto, il pensiero umano e la Storia del suo realizzarsi.