Astrologia e medicina dall'antichità al rinascimento
Dodici parti dell’ottava sfera
sono cagione delle nostre membra:
ciascuna del creare ha forma vera,
in lor fa qualitate ed accidenti,
per la virtù divina si rimembra
della sua parte con atti lucenti. […]
La tarda stella la memoria pone
nel concetto; è Giove per qual cresce;
Mercurio muove l’atto di ragione;
Marte ne forma l’impeto con l’ira;
il terzo cielo l’appetito mesce;
lo primo spiritello il Sol vi spira;
la Luna muove natural virtute.
Ciascun pianeta con gli ottavi lumi
dispone il mondo con le lor vedute.
Ogni creato si corrompe in tempo.
Passano gli atti umani come fumi:
chi ne va tardo e chi ne va per tempo.
Cecco d’Ascoli, Acerba II, 2 (vv. 793-8, 871-82)
Questi versi sull’influenza planetaria nella nascita dell’uomo di Cecco d’Ascoli, medico, astronomo e astrologo, condannato ed arso al rogo nel 1327 a Firenze per avere teorizzato “cose vane e contro la fede” (Villani, Istorie fiorentine), bene esprimono alcuni principi alla base della possibilità stessa dell’applicazione dell’astrologia alla medicina dall’antichità al Rinascimento. Da un lato certificano lo stretto nesso tra il macrocosmo dei cieli e l’uomo inteso come meraviglioso microcosmo, che non può che soggiacere alle stesse leggi necessarie dettate dal movimento dei corpi celesti che governano il mondo sublunare nel quale abita.
Dall’altro essi sottintendono un principio fondamentale, caro sia ai medici che agli astrologi: la corruttibilità della materia nel tempo, incluso l’uomo, che necessariamente muore, l’aria che respira ed i suoi umori corporei, la cui corruzione è responsabile dell’insorgere delle malattie, di contro alla perfezione incorruttibile ed eterna dei corpi celesti. Poiché i corpi celesti sono perfetti, perfetta e necessaria sarà la loro causazione sul mondo sublunare e sull’uomo; ma gli effetti dei movimenti degli astri operano in un mondo materiale che si genera e corrompe incessantemente: per questo la previsione astrologica non potrà mai essere precisa nella pratica, bensì sarà influenzata da variabili accidentali e ambientali che, quando applicata all’uomo ed al suo stato di salute, è soprattutto compito del medico studiare e definire.
L'Acerba di Cecco d'Ascoli, un poema didascalico in circa 5000 versi, ebbe un vasto successo a causa della fama del suo autore, medico e astrologo, condannato a morte per eresia nel 1327. Oltre a essere riprodotta in numerosi incunaboli (Venezia, 1476, 1481, 1487 e 1493 e Milano, 1484), fu anche oggetto di un commento, attribuito a Nicola Massetti.