Manilio

La seconda opera astrologica dell’antichità che ci è pervenuta in forma non frammentaria sono gli Astronomica del poeta latino Manilio, in esametri, che si interrompono al quinto libro. Vissuto durante l’età di Augusto e di Tiberio, Manilio testimonia molto bene la voga che l’astrologia conobbe nella società romana dell’epoca: non solo presso il popolino per il quale, come superstizione, l’astrologia prosperava da secoli; ma persino fra i filosofi – in particolare alcuni filosofi stoici – e i potenti, anche se resta il sospetto che l’interesse prestato da Augusto all’astrologia fosse teso a consolidare il proprio prestigio personale, consentendogli di avocare a sé presunte prerogative divine, sancite dall’influsso degli astri. In polemica con Lucrezio, che tuttavia resta il suo modello letterario, Manilio espone le varie vicende delle costellazioni e il loro influsso sulla vita degli uomini, al fine di dimostrare che l’universo non è retto dal caso, ma da una Provvidenza regolatrice, amica degli uomini, che rispecchia la divina ragione.

Nel proemio del suo poema, Manilio rivendica l’originalità della sua opera e il suo primato letterario: ignoriamo se ciò corrisponda interamente al vero, ma è certo che non ci è giunta nessuna opera originale, interamente dedicata all’astrologia, che sia stata composta in versi nell’intervallo di tempo compreso fra il III sec. a.C. e il I d.C. Benché sia stato sostenuto, forse a ragione, che Manilio, al pari di Arato, non fosse realmente esperto della materia che mise in versi, va però detto che, a differenza dei Fenomeni, gli Astronomica sono un poema tecnico, che tratta la dottrina astrologica nei suoi principali aspetti: nel primo libro, ad esempio, vengono ordinatamente descritti i segni dello zodiaco e si trova una spiegazione del significato della comparsa in cielo di comete e meteore; nel secondo, viene trattata compiutamente la dottrina dei dodecatemoria con una discussione, molto tecnica, relativa alle implicazioni che questa dottrina comporta per la vita dei singoli uomini; nel terzo, largo spazio è dedicato all’esposizione del calcolo dell’ascendente; nel quarto sono passate in rassegna le caratteristiche favorevoli e sfavorevoli dei dodici segni, mentre nel quinto sono  descritti gli influssi delle costellazioni extrazodiacali. Manca, forse per una lacuna della trasmissione, la parte dedicata agli influssi dei pianeti, che pure Manilio aveva annunciato nel proemio del V libro.