Filone e Clemente Alessandrino

I Padri della Chiesa si rifanno alla filosofia giudaico-ellenistica, soprattutto a Filone, il quale tenta di combinare la dottrina platonica con il rispetto per le Scritture e per la tradizione giudaica. Egli propone una sua teoria astronomica, seppure non originale, in cui la terra è al centro dell’universo e le sfere dei sette pianeti sono racchiuse da quella delle stelle fisse. Inoltre, si allude all’esistenza di una nona sfera. La venerazione degli astri è una depravazione, ma minore dell’idolatria: per lo meno sono adorate creature di Dio, non manufatti dell’uomo. Non mancano in Filone suggestioni di natura astrologica: le sette candele della Menorah rappresentano i sette pianeti. Il sole, la luna e le stelle non agiscono autonomamente, ma sono sottomessi alla volontà divina.

Clemente Alessandrino attacca i filosofi pagani che affermarono la divinità degli astri e dell’universo. Egli si oppone strenuamente all’astrologia: chi ritiene le stelle la causa fondamentale di crescita e cambiamento nell’universo priva il Padre celeste di una sua prerogativa. Esse non provocano gli eventi, ma, data la simpatia che collega tutte le parti dell’universo, sono segnali di quanto deve avvenire. Anche Abramo, secondo Clemente, iniziò come astrologo, ma poi, quando lasciò Ur, passò a speculazioni più profonde. Il Salmo 18 alluderebbe all’insegnamento di Enoch, secondo cui gli angeli malvagi insegnarono lo studio degli astri alla razza umana. Se l’astrologia è condannata da Clemente, l’astronomia, invece, è ritenuta una scienza propedeutica alla filosofia: l’uomo ha origine dal cielo e la sua salvezza consiste nel ritorno ad esso. Dio permise ai pagani di venerare i corpi celesti per preservarli dall’ateismo e raggiungere una parziale conoscenza di Dio. L’uomo, infatti, ha avuto in sorte una postura eretta per contemplare il cielo.