Girolamo, Agostino e Isidoro di Siviglia
Girolamo, nel Commento ad Amos, in riferimento ai versetti 5, 7-9, si giustifica perché nella sua traduzione del passo biblico sono presenti i nomi di Arturo e Orione, protagonisti di celebri miti pagani. Egli è stato costretto a fare ciò, dal momento che i corrispondenti termini ebraici risulterebbero incomprensibili in lingua latina, se non fossero espressi attraverso questi vocaboli che sono stati appresi con l’abitudine e assimilati con l’errore. Girolamo è consapevole che gli astri erano considerati delle divinità dai pagani e pertanto mostra un ovvio imbarazzo nel ricorrere a nomi che, peraltro, richiamano alla mente racconti poco edificanti. Nel caso di Arturo, protagonista è addirittura Giove, reo di aver abusato della ninfa Callisto, successivamente trasformata nella costellazione dell’Orsa Maggiore.
Nel Commento a Isaia, a proposito del versetto 47, 13, Girolamo stabilisce un confronto fra la sua versione e quella greca dei Settanta, mettendo in rilievo come laddove egli ha tradotto “àuguri del cielo”, in greco si legge più esplicitamente “astrologi”, i quali comunemente sono chiamati mathematici e ritengono che le vicende umane siano rette dal corso degli astri e delle costellazioni. Anche Girolamo ricorda i Magi e la stella che li ha guidati, ma afferma di ignorare se essi abbiano fatto affidamento sulla scienza astrologica o sulla profezia di Balaam riportata in Numeri 24, 17: Sorgerà una stella da Giacobbe e un uomo da Israele. Segue una parafrasi del versetto profetico: Dunque costoro che calcolano i mesi, contano gli anni e, misurando gli istanti di ciascun’ora, promettono la scienza degli eventi futuri, dicano che cosa abbia pensato per te il Signore.
Agostino usa una terminologia astronomico-astrologica generica, non tecnica: stella, astro, costellazione, segno. Talvolta egli menziona l’Orsa Maggiore, le Pleiadi, Orione. Sa che le stelle fisse hanno un moto diurno, che il cielo nel suo moto ruota di quindici gradi ogni ora e che ogni grado si compone di sessanta minuti. Egli ebbe un grande interesse per l’astrologia prima della conversione: nelle Confessioni (4, 3) rivela di avere consultato spesso gli oroscopi. Nella stessa opera (7, 6) è riportato il racconto dell’amico Firmino, nato contemporaneamente a uno schiavo di casa; inoltre, Agostino esprime la propria riflessione sul fatto che i gemelli, partoriti insieme e con la stessa disposizione astrale, abbiano vite diverse. Egli riconduce l’astrologia ai demoni e confuta tutti gli argomenti che gli astrologi traggono dalle Scritture, ad esempio, quello della stella cometa: è Cristo che l’ha fatta apparire, non il contrario.
L’astrologo viene definito astrologus, spesso mathematicus, altrove genethliacus, perché è specializzato nello studio della disposizione astrale al momento della nascita della persona, talvolta Chaldaeus, perché Babilonia è considerata la patria dell’astrologia, introdotta nel mondo greco nel III secolo a. C. dal caldeo Beroso. Agostino stigmatizza a più riprese l’abitudine di rivolgersi ad astrologi, aruspici e maghi prima di intraprendere qualsiasi azione. L’astrologo seduce e inganna. La sua arte è spesso accostata all’idolatria, all’eresia, all’adulterio e, addirittura, al furto. Agostino riporta le affermazioni mendaci di un astrologo che riconduce l’adulterio e l’omicidio non alla volontà umana, ma all’influsso di Venere e Marte (61 enarr. 23). L’astrologia non è una scienza: quando colpisce nel segno, o è una combinazione fortunosa o è opera dei demoni. Agostino si scaglia più volte contro il fatalismo astrale, perché ritiene pericolose le sue conseguenze per la fede cristiana.
Nella Città di Dio 5, 2-6 Agostino ripropone l’argomento dei gemelli contro la pratica degli oroscopi. È citato il caso esemplare di Esaù e Giacobbe nella Genesi. Il condizionamento ambientale e il retaggio dei propri genitori, più che l’influenza degli astri, spiegano quei casi in cui i gemelli si ammalano e guariscono nello stesso tempo. Agostino conclude affermando che le previsioni azzeccate degli astrologi non si devono a un’arte umana, ma al malefico influsso dei demoni. Nel De libero arbitrio egli asserisce che né Satana né le stelle determinano le azioni umane: la giustizia divina non potrebbe punire i peccati degli uomini, se questi non ne fossero responsabili. Sarebbero altrimenti abolite le leggi e tutte le istituzioni umane: non ci sarebbe un premio per le buone azioni né un castigo per i peccati. Anche la religione sarebbe svuotata di significato. Il libero arbitrio è la base indispensabile per la vita morale dell’uomo.
Isidoro di Siviglia distingue nelle sue Etimologie (3, 25, 1) tra astrologia, introdotta dai Caldei, e astronomia, scienza che risale agli Egiziani. Egli, inoltre, riferisce la notizia di Flavio Giuseppe secondo cui è stato Abramo ad istruire gli Egizi nell’astrologia. Essa è ricondotta alla scoperta di Atlante, fratello di Prometeo, noto per sorreggere sulle sue spalle la volta celeste (14, 8, 17). Tutte le arti divinatorie, compresi gli oroscopi, sono definite da Isidoro demoniache e sconsigliate ai Cristiani (8, 9, 31).
Le dottrine astrologiche di Beroso (o meglio, quel che di esse si riteneva autentico), oggetto della riprovazione di Agostino, vennero divulgate in età rinascimentale in numerose opere, una delle quali è la Sphaerae atque astrorum coelestium ratio, natura, et motus, opera miscellanea apparsa a Basilea nel 1536.