La Scienza Nuova e l'astrologia
Qualche tempo fa, nell’edizione italiana del quiz televisivo Il milionario, fu chiesto al concorrente di indovinare quale proposizione su Galileo Galilei fosse da ritenersi non vera. Su quattro possibilità, una affermava che il celebre scienziato si dilettasse nella compilazione di oroscopi. Indipendentemente dalla sua risposta, si potrebbe affermare con certezza che la maggior parte degli spettatori giudicasse falsa e bizzarra l’idea di Galileo astrologo praticante. Eppure, benché possa sembrare improbabile, quell’affermazione corrispondeva al vero, com’è vero che Galilei facesse oroscopi per il Granduca di Toscana o scrivesse, in una lettera all’allievo Dini, di restare tranquillo sulle sorti dell’astrologia, le cui basi non erano inficiate dall’avvento della nuova cosmologia celeste.
Queste notizie non trovano quasi mai spazio nei manuali, ma ci insegnano almeno due cose: la prima è che la dottrina astrologica permeava il sostrato culturale cinque-secentesco ed emergeva anche in contesti, come quello galileiano, così distanti dalle filosofie occulte e da saperi di ascendenza magico-iniziatica; la seconda che una quaestio dibattuta (e anche piuttosto frettolosamente risolta), a cavallo dei due secoli, fu il destino dell’astrologia (intesa qui in un senso non popolare o biecamente superstizioso) alla luce della rivoluzione copernicana. Mutati i cieli e mutata la Terra, l’astrologia avrebbe perso la pretesa dignità scientifica? Leggere i nuovi cieli era ancora possibile? Questi dubbi furono, in un certo senso, posti da Copernico, intuiti e dissolti dai suoi primi seguaci, e infine risolti da Keplero. Se il contributo di Galileo fu marginale, le poche notizie che possediamo sulla sua comprovata attività di astrologo ci autorizzano a pensare che anch’egli, come l’allievo Dini, potesse sentirsi tranquillo: l’astrologia non avrebbe cessato di esistere e il desiderio di prevedere gli eventi dalle stelle non era inficiato dal neonato sistema eliocentrico.