L'influsso del corpus Hermeticum

L’astrologia come studio qualitativo dei cieli, delle congiunzioni astrali, dello zodiaco e delle corrispondenze fra il firmamento celeste e il teatro mondano delle azioni umane, divenne parte integrante della filosofia naturale, in particolare di quella filosofia panvitalista che sfociò nella magia colta e cerimoniale. In particolare su questo versante, la riscoperta della sapienza antica, della philosophia perennis, passò con una certa esclusività dall’avvento di un testo decisivo per il Cinquecento, il corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto.

Scoperto nel 1463 e portato alla corte di Cosimo de’ Medici, il corpus Hermeticum venne fatto tradurre da Marsilio Ficino, che interruppe gli studi platonici per dedicarsi alla raccolta degli scritti del “Tre volte grande”. Figura ritenuta anteriore non solo a Platone ma anche a Mosè, Ermete – per usare una celebre espressione di Eugenio Garin – invase il Cinquecento. L’influenza dell’ermetismo può essere ravvisata su larga scala. Non tutti sanno, per esempio, che Copernico, nel De Revolutionibus orbium coelestium (1543), collocò il Sole in un punto prossimo al centro dell’Universo e che tra le citazioni a sostegno dell’ipotesi eliocentrica scomodò, nientemeno, che Ermete Trismegisto, colui che fece del Sole il dio visibile. Ad esso, e alle sue dottrine, si ispirarono molti filosofi e maghi rinascimentali, convinti di avere avuto una grande opportunità: quella di leggere un documento della sapienza originaria, pura, incorrotta, cristallina.

Il sogno durò poco più di un secolo. Nel 1614 lo studioso Isaac Casaubon dimostrò che il Corpus era stato redatto, con ogni probabilità, nell’epoca delle prime fonti cristiane. Al suo interno, peraltro, è facile intravedere più di una sola mano, e più di una sola influenza religiosa e filosofica. Come ha fatto notare Festugière, nei trattati del Corpus, gnosi positiva e gnosi negativa coesistono a fatica, rivelando una manipolazione composita e incoerente. Fatto sta che proprio l’impronta gnostica positiva favorì le idee rinascimentali più predisposte all’intervento sul mondo, alla pratica, alla scoperta e all’indagine di un mondo pre-cartesiano. A questa corsa verso le origini mitiche dell’età dell’oro, della prisca sapientia, del sapere primo e incorrotto, parteciparono in molti, e gli astrologi trovarono nel Corpus Hermeticum un tabernacolo testuale che li guidò nel disegno di un mondo dove tutto ciò che era in alto, era anche in basso e viceversa.

Molti anni prima di Copernico e Galilei, ma su di un versante completamente diverso, il cielo si avvicinò alla terra e cominciò un lungo dialogo con essa, esposto negli scritti di Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Paracelso e molti altri ancora. Corpi astrali, quintessenze, influssi celesti, macrocosmi e microcosmi: fra il XV e il XVI secolo l’astrologia contribuì a generare nuove riflessioni sull’uomo e sul mondo. Leggere i cieli comportò la messa a fuoco di problemi che, di per sé, esulavano dalla stessa astrologia e sconfinavano nell’ambito della religione, della filosofia naturale, della Storia, e soprattutto della morale. I grandi eventi (guerre, pestilenze, ecc..) erano raccontati nelle stelle? Potevano essere predetti attraverso una corretta decifrazione? E l’uomo, dinanzi alle stelle, poteva davvero dirsi libero? È soprattutto su quest’ultimo problema che i pensatori del Rinascimento dovettero confrontarsi e aprire scenari inaspettati.