Astrologia dotta e popolare

In Italia l’eredità paracelsiana trovò in Tomaso Zefiriele Bovio un interprete singolare del connubio astrologia-medicina, sviluppato nella forma di una pratica di colore popolaresco. Al secolo Tomaso Bovio, avvocato prima e sedicente medico poi, si soprannominò il medico dei poveri e degli abbandonati e decise di aggiungersi il nome di Zefiriele per attirare, cabalisticamente, influssi positivi e energie favorevoli. Energie che, in effetti, concentrò e sviluppò nella cura dei diseredati e nella preparazione dei farmaci “astrologici”. Veronese di nascita e giramondo di passione, Bovio considerava le congiunzioni astrali come avvertimento, monito e guida del medico e dello speziale. Lo studio e l’osservazione dei cieli, come voleva una certa tradizione, riguardavano l’intervento terapeutico, la diagnosi della malattia, la complessione del malato, la composizione del rimedio e la raccolta delle erbe, i semplici da somministrare al paziente.

Proseguendo nella linea delle macrocorrispondenze paracelsiane, Bovio non inventava nulla ma faceva di una dottrina largamente osteggiata e controllata, quale fu l’astrologia, la componente privilegiata di una medicina che si rivolgeva agli emarginati della società, agli indigenti che domandavano cura e non la ricevevano, ai pratichi che la corporazione medicale teneva ai margini della comunità scientifica. La sua fede nell’astrologia fu incrollabile e gli procurò polemiche e ostilità ricambiate con la stessa perfidia. In seguito all’apparizione della cometa nel 1577, intervenne nella disputa fra Annibale Raimondi e Hagecius.

Contro la prassi medica del tempo, nel 1583 mandò alle stampe il Flagello de’ medici rationali, al quale l’anno dopo rispose polemicamente Claudio Gelli. Lo stesso Gelli trovò il modo di additarlo come un sostenitore dell’astrologia giudiziaria e di affermare che l’esercizio della sua medicina era legato ad evidenti pratiche demoniache. Giovane medico veneziano, il Gelli nondimeno si scagliò contro i preparati che Bovio reputava dotati di poteri sovrannaturali e omniterapeutici. Prima ancora dei presunti effetti curativi, fece notare come le ricette dello sperimentatore veronese non fossero altro che turpi imitazioni di quelle paracelsiane. Le sue accuse non erano del tutto infondate. L’ammirazione di Bovio per Paracelso è ampiamente documentata. Conoscitore della lingua tedesca, nonché amico di lunga data del medico eretico bresciano Girolamo Donzellini, che gli aveva procurato alcuni libri del Lutherus medicorum, Bovio fu tra i pochi esponenti della contromedicina rinascimentale che nel Cinquecento ebbe modo di conoscere Paracelso dalle sue opere anziché dai suoi commentatori.

Se Bovio rappresenta il coté popolare del dibattito astrologico cinquecentesco, del versante dotto non si può non ricordare Gerolamo Cardano (1501-1576), filosofo, medico e astrologo preceduto dalla sua stessa fama. Diversamente da molti sedicenti astrologi, Cardano, come si direbbe oggi, dimostrava di dominare la materia. I suoi studi in ambito astrologico lo resero estremamente celebre e ricercato, anche da privati cittadini che vollero interpellarlo per l’elaborazione di temi natali e oroscopi personalizzati. Cardano riteneva l’astrologia una sorta di vocazione, oltre che una semplice professione: come ricordava in molti scritti, compresa la sua autobiografia De vita propria (1575), bisognava dedicare molte ore di studio all’esercizio della previsione astrologica, attività nella quale non solo dimostrò di eccellere, ma di credere fermamente.

Come si deve comportare un astrologo? Prima di tutto, suggeriva Cardano, deve evitare di compilare oroscopi pubblici, farsi pagare quanto basta, non nascondere le minacce che incombono sull’individuo e nello stesso tempo non dire mai che accadranno con certezza assoluta. Deve possedere molte informazioni sul cliente (pena la rinuncia), mostrarsi moderato nell’analisi e nel pronostico, essere padrone di tutte le tecniche indispensabili alla compilazione di un oroscopo corretto. Queste nozioni, piccola parte di un decalogo molto più ampio e più volte ripreso nelle sue opere, servivano a dare dell’astrologia – e soprattutto dell’astrologo – un’immagine positiva, costantemente danneggiata dalle migliaia di ciarlatani che per tutta Europa si spacciavano per profondi conoscitori dei segreti del mondo celeste.

Nella ricerca di questi segreti, che diedero il titolo a un’opera molto celebre (De Secretis), Cardano riponeva una fiducia straordinaria, laddove appunto la ricerca fosse condotta secondo le norme del buon senso e del rigore filosofico. Anch’egli appassionato di magia naturalis e di gran parte delle forme di divinazione più in voga nel Cinquecento, unì il contributo dell’astrologia a quello della medicina e della fisiognomica. La sua Metoposcopia, elaborata alcuni anni prima di Della Porta, poneva i segni epidermici della fronte (rughe, linee, macchie e nei) in stretta corrispondenza con le sfere planetarie e con i signa celesti. Anche per Cardano, i cieli potevano essere letti come una carta di luoghi corrispondenti ad altri luoghi della terra, dell’uomo e degli elementi del mondo naturale. Il tema oroscopico, che teneva conto di tutti i dettagli in modo scrupoloso, era molto simile a quello dei moderni astrologi. Per ogni individuo esisteva la possibilità di sapere, con buona approssimazione e sulla base delle configurazioni astrali, dei transiti, delle opposizioni, ecc.., quali malattie dovesse temere, il tempo della loro guarigione, i giorni fausti e quelli infausti, l’approssimarsi o meno di decisioni importanti e soprattutto come affrontarle. Per questo vi era la necessità di programmare e stabilire, più o meno precisamente, quali fossero i periodi buoni o cattivi per l’individuo. Da questa messe di informazioni il futuro, in qualche modo, cessava di essere veramente tale.

Cinque anni prima della sua morte, Cardano fu messo agli arresti domiciliari dall’Inquisizione, con l’accusa di eresia e pratiche occulte. L’ombra dei traffici demoniaci non era cosa nuova. A favore o contro l’astrologia, l’autorità ecclesiastica controllava chi guardava i cieli con occhi empi. Un trattamento non dissimile era riservato a coloro che nei cieli non ravvisavano solo la divina provvidenza e si spingevano troppo oltre. Spiriti planetari e influssi astrali erano visti con sospetto, se non come vestigia di demoni ingannatori. Le gerarchie angeliche si confondevano con la legione di Satana, i vivi con i morti, la magia bianca con quella nera. Negromanzia e patti diabolici erano dietro l’angolo: al buon cristiano la fede era più che sufficiente per conoscere i segreti dell’universo, senza incorrere in tentazioni faustiane e slanci prometeici. Quegli slanci che, insieme agli atti coraggiosi di coloro che si dedicarono all’astrologia matematica, aprirono le prime porte sulla modernità e contribuirono alle prime, grandi scoperte della rivoluzione scientifica. Il mondo nuovo di Colombo e il cosmo nuovo di Copernico cambiarono il corso della storia occidentale, ma lasciarono un dubbio: le stelle lo avevano previsto?