L'astrologia ficiniana
Benché avesse scritto opere dichiaratamente anti-astrologiche, Marsilio Ficino (1433-1499) considerava l’astrologia come parte decisiva di una forma sublimata e colta di magia naturalis. Influenzato dalle teorie ermetiche, dall’orfismo (i contemporanei lo ribattezzarono l’Orpheus redivivus) e dal pitagorismo, Ficino tentò di conciliare cristianesimo e platonismo attraverso la teoria di una docta religio, la prisca teologia, una sapienza originaria che da Mosè, Aglaofemo e Zoroastro – passando per Ermete Trismegisto – giungeva fino al Rinascimento, epoca della riscoperta di una tradizione mistico-religiosa che si perdeva nella notte dei tempi.La magia colta discendeva da questa sapienza originaria e incorrotta, entro la quale lo studio dei fenomeni celesti e dei loro influssi sulla materia elementare costitutiva parte integrante della complessiva dottrina del mondo e dell’uomo.
Abbiamo detto che però Ficino compose scritti antiastrologici: come si può spiegare questa apparente incoerenza di pensiero? La risposta sta nell’avversione, a quei tempi largamente condivisa, nei confronti dell’astrologia giudiziaria, intesa come un sapere la cui rigidità nei pronostici veniva percepita in senso claustrofobico ed estremamente limitante. Vediamo di capirne il motivo. Secondo Ficino, al centro dei differenti gradi dell’essere, fra il corpo (il più basso) e Dio (il più alto), è collocata l’anima, copula mundi. La sua triplice forma (anima del mondo, delle sfere e dell’uomo) fa sì che l’anima umana vada intesa come riflesso dell’anima del mondo, a sua volta riflesso della divinità. Il legame fra l’uomo e il cosmo è anch’esso triplice: lo spirito consente di elevarsi alle sfere e agli spiriti superiori, l’anima all’anima del mondo e il corpo al regno della natura (nel contempo regno della necessità). Per questa ragione, mentre diviene legittimo fissare la corporeità nella necessità, più complessi sono la limitazione e il ridimensionamento dell’agire umano entro la categoria del determinismo.
L’astrologia ficiniana non era esente da una certa funzionalità pratica. Pur rinunciando ad alcune teorie di derivazione popolare, Ficino considerava utile raccogliere un’erba o preparare un rimedio medicinale in accordo coi signa celesti, indicatori e spie luminose della corretta prassi terapeutica; diversamente, riteneva vicine alla superstizione quelle forme di divinazione astrologica che tuttavia dimostrò di conoscere e di studiare a fondo. L’astrologia è dunque elemento teorico-pratico necessario allo studio e all’esercizio della medicina, scienza del corpo (che in quanto tale è sottoposto alla predestinazione) e dello spirito (libero e svincolato dalla necessità), oltre che del carattere e delle inclinazioni fisiologiche dell’individuo.
Di questi aspetti, che l’antichità aveva profondamente sviluppato, Ficino si dimostrò grande appassionato e studioso, ed in particolare del saturnismo. Ad esso dedicò un’opera, il De vita triplici, nella quale la melanconia, sotto l’influsso di Saturno e della sua polarità, è dipinta come qualità intellettuale par excellence, stimolatrice di pensieri profondi e di attività di studio e riflessione. Dalla melanconia agli umori e ai temperamenti, l’astrologia medica è parte di un sapere più ampio corrispondente alla magia naturalis. Esso è speculare, nella sua complessità, al sistema di reciproche connessioni e simpatie universali che declinano il reale, anch’esso costituito da parti in relazione con il tutto. Al centro di questa fitta rete di interazioni, l’uomo gode della libera facoltà di intervenire sul e nel mondo, ivi compreso il corpo umano e i suoi rapporti con le entità astrali. Come conciliare, tuttavia, il prognostico medico con l’astrologia divinatrice? Ancora una volta, la risposta sta nella radicale separazione fra la corporeità e la facoltà intellettuale dell’uomo. Mentre la seconda, non diversamente da quello che pensava Pico della Mirandola, deve ritenersi una forza e un’energia libera (tanto di ascendere verso Dio quanto di allontanarsi da Esso), il corpo inteso come bruta materialità rientrerebbe in un ordine che lo lega, attraverso occulte relazioni, con il mondo superiore dei corpi celesti. E dal momento che, di questo mondo, l’uomo corporeo ne fa parte, in Ficino sembra valere la massima di Ermete Trismegisto, secondo la quale tutto ciò che è in alto, è anche in basso e viceversa.