Serena Rea
La tecnica romana delle murature e dei rivestimenti murari (opus)

Numerose furono le tecniche usate dagli antichi Romani che servivano per costruire edifici e strutture in muratura.  Nel corso dei secoli, però, queste subirono numerosi cambiamenti, in particolare con l’invenzione dell’opus caementicium (concrezione o calcestruzzo) agli inizi del II secolo a.C., che spesso fu adattata nei diversi luoghi a seconda dei materiali da costruzione più facilmente reperibili.
 
 Il calcestruzzo è un impasto fluido di calce, sabbia e pietrisco di varia natura (tufo, laterizi, pietre, ecc..) mescolate con la giusta quantità di acqua. Quest’impasto, era economico e relativamente era facile da realizzare, una volta asciugatosi diveniva altamente resistente ed era utilizzato al posto delle più costose pietre e mattoni per costruire archi, volte, cupole e murature colandolo ancora fluido in contenitori appositamente predisposti (casseforme o armature, solitamente in legno) da asportare una volta che esso si fosse asciugato e dunque perfettamente consolidato.
 
 Il suo aspetto finale non era né regolare, né esteticamente gradevole, ma anzi grezzo, eterogeneo e molto caotico, richiedendo quindi un rivestimento esterno di finitura delle strutture realizzato con mattoni o piccole pietre di varie forme. Il più delle volte, con gran risparmio di tempo, lavoro e costi, questo rivestimento veniva realizzato prima di versare l’impasto acquisendo anche la funzione di cassaforma.
 
 I paramenti murari
 La superficie dei muri era realizzata disponendo pietre e/o mattoni in base al materiale impiegato o al disegno che si voleva realizzare:
 - opus incertum (opera incerta): il muro è realizzato con pietre di svariate forme e dimensioni. (Fig. 14)
 - opus reticulatum (opera reticolata): il muro è composto da elementi in pietra di forma all'incirca tronco-piramidale affogati nel calcestruzzo, dei quali rimangono in vista solo le basi maggiori quadrate. Tali elementi venivano accostati gli uni agli altri con i lati di base inclinati di 45°. Le loro giunzioni, specie di semirette diagonali incrociate fra di loro ad angolo retto, formavano, pertanto, un disegno decorativo a reticolo.
 - opus vittatum: tecnica che consiste nel disporre blocchetti di pietra, parallelepipedi e tutti della stessa altezza, in filari orizzontali. E', quindi, la stessa apparecchiatura dell'opera isodoma o pseudo isodoma, ma impiegando materiale di piccola pezzatura.
 - opus testaceum: un'opera di mattoni; si dice di ogni tipo di muratura che faccia esclusivo uso dei mattoni. Fu il paramento murario di cui, tra l'altro, i Romani si servivano con maggior frequenza. Le più antiche costruzioni erano invece in mattoni crudi: si parla allora di opus latericium (opera in laterizio, dal latino làter, mattone crudo).
 - opus spicatum: le pietre sagomate o i mattoni vengono disposti inclinati di circa 45° rispetto all'orizzontale e fra loro di 90° invertendo la loro inclinazione - ora verso destra, ora verso sinistra - a ogni filare. Il disegno molto decorativo che così si ottiene assomiglia, per l'appunto, a una spiga di grano o anche a una lisca di pesce.
 - opus mixtum: un'opera mista; consiste nel raggruppare nella stessa opera vari tipi di muratura di cui si è precedentemente parlato. In generale, però, si adopera il termine "opera mista" quando vengono usati contemporaneamente pietre e mattoni a filari alternati o a superfici intercluse.
 
 In origine i muri erano fatti di materiali, in generale, molto pregiati.
 
 L’OPERA POLIGONALE:
L’opera poligonale è una tecnica di costruzione molto antica diffusa maggiormente nell’Italia centrale, tra il VII ed il IV secolo a.C., essa consiste nella sovrapposizione di massi in pietra non lavorati, o poco lavorati, anche di notevoli dimensioni, senza l’apporto di malta o altri materiali. Il peso stesso dei massi utilizzati assicura, infatti, la stabilità delle strutture che, in genere, presentano uno spessore maggiore alla base, assottigliandosi verso l’alto. Questo tipo di tecnica venne utilizzata, per la costruzione di mura cittadine, o altre fortificazioni, e per terrazzamenti o podi di templi.
 
 L'OPERA QUADRATA:
Ancora una volta, i a Romani, usavano questa tecnica già a partire dal VI secolo a.C. e si perfeziona solo col tempo, avente soprattutto una maggiore regolarità del taglio e una disposizione più articolata dei blocchi di pietra. L’uso di questa tecnica continua anche dopo l’introduzione del cementizio e per tutta l’età imperiale, affiancata poi da altre tecniche. Al tempo del principato di Claudio si diffuse, per motivi estetici, l’uso di lasciare nelle facce in vista dei blocchi la parte centrale più sporgente e volutamente più grezza, mentre solo le parti in corrispondenza dei giunti venivano rifinite in piano, dando alla muratura un aspetto più “rustico”.

 L'OPERA CEMENTIZIA (Fig. 16):
Inventata ed utilizzata a tutti gli effetti dai Romani, l’opera cementizia, è caratterizzata dall’utilizzo di uno dei materiali più importanti a quel tempo: il calcestruzzo, una mescolanza di malta creata con calce e sabbia e da pietre grezze o frammenti di pietra spezzati o ghiaia. L’introduzione del cementizio per la costruzione di edifici risale agli inizi del II secolo a.C. e rappresentò una svolta importantissima nell’architettura romana. I romani realizzavano il calcestruzzo a partire dalla calce viva, bruciando pietra calcarea a 900 gradi circa. Una volta raffreddatasi con acqua, la calce veniva mescolata con la cenere vulcanica, conosciuta anche come pozzolana. Quest'ultima era particolarmente resistente e proveniva prevalentemente dalle regioni vulcaniche del golfo di Napoli. La malta che ne risultava veniva ancora mescolata col tufo vulcanico e poi posta in appositi contenitori.

 L'OPERA INCERTA (Fig. 17):
L’opera incerta riguarda il modo in cui viene realizzato il paramento di un muro in opera cementizia, e fu utilizzata soprattutto dagli inizi del II secolo a.C. fin poco dopo la metà del I secolo a.C., ma la troviamo presente anche in epoca successiva in costruzioni private di non grande impegno e per alcuni terrazzamenti. Essa consisteva in una disposizione più accurata sulla superficie a vista del muro delle schegge di pietra e sassi mescolati alla malta nel cementizio romano, facendo in modo che la loro superficie visibile fosse piana. Con il passare del tempo questa tecnica si è sviluppata, tendendo a livellare la superficie del muro, a ridurre lo strato di malta e a scegliere pietre di forma e dimensioni più regolari, arrivando a spianarne la superficie visibile.

L'OPERA RETICOLATA (Fig. 18):
 Questa tecnica fu utilizzata soprattutto a partire dalla prima metà del I secolo a.C. e per tutta l’ epoca augustea. Anche dopo l’introduzione dell’opera laterizia se ne continuò l’uso ancora nella seconda metà del II secolo d.C.. Inizialmente l’opera reticolata era una variante dell’opera incerta più evoluta, nella quale le pietre che formavano il paramento del muro venivano preparate prima della messa in opera a forma irregolarmente piramidale a base quadrata e disposte quindi con la base in vista, mentre la punta affondava nel cementizio. In seguito furono utilizzati dei “cubilia” con base quadrata perfettamente regolare e assolutamente uniformi, che venivano disposti in file regolari con i lati a 45° rispetto alla linea orizzontale. I lati di questi “cubilia” erano divisi da un leggero strato di malta: dopo la realizzazione del paramento sulle due facce del muro, veniva colato all’interno il cementizio che ne costituiva la struttura e la costruzione procedeva poi con gli strati successivi. L’effetto finale sulla parete era quello di creare un reticolo regolare disposto in diagonale.

 L'OPERA LATERIZIA (Fig. 19):
I mattoni (lateres) di forma rettangolare venivano sovrapposti alternandoli. Questo tipo di muratura non poteva essere utilizzato per edifici a più piani, dato che lo spessore del muro era limitato dalle dimensioni dei mattoni stessi. All’epoca di Cesare e di Augusto venivano impiegati frammenti di tegole rotte con sottili strati di malta per il rivestimento della muratura mentre tra Augusto e Claudio si impiegavano tegole con bordi sporgenti spezzati, che venivano quindi suddivise in forme triangolari mediante dei tagli obliqui. I triangoli ottenuti venivano quindi sovrapposti in file con il lato lungo verso la superficie del muro e legati fra loro con la malta. In modo analogo all’opera reticolata, tra i due paramenti delle facce del muro veniva quindi colato il cementizio che ne costituiva la struttura. Successivamente si iniziarono a produrre mattoni che venivano quindi spezzati lungo i solchi realizzati in superficie e impiegati in forme triangolari: il lato lungo del triangolo, a vista, veniva rilavorato e levigato.

 L'OPERA MISTA (Fig. 20):
 L’opera mista è una tecnica edilizia romana tramite la quale si realizza il paramento di un muro in opera cementizia, essa consiste nella mescolanza di opera reticolata con ammorsature agli stipiti e agli angoli in opera laterizia. È una tecnica impiegata negli ultimi secoli della repubblica e agli inizi dell’impero.

 L'OPERA LISTATA (Fig. 21):
In questa tecnica il paramento del nucleo di cementizio della muratura è costituito da filari di mattoni alternati a filari di altri materiali, specialmente blocchetti di tufo poco più grandi dei mattoni nelle costruzioni della città di Roma e dintorni a partire dal IV secolo.
 Questa tecnica era utilizzata anche in precedenza in costruzioni fuori Roma, con paramenti in filari di laterizi alternati a strati di pietre di forma irregolare, con anche l’utilizzo di materiali reperibili sul posto. A Roma sono in opera listata le aggiunte massenziane, degli inizi del IV secolo, alle Mura aureliane, costruite con ricorsi orizzontali di mattoni e blocchetti di tufo.

 L'OPERA SPICATA (Fig. 22):
 L’opera spicata era costituita da laterizi collocati di taglio secondo la disposizione di una lisca di pesce, utilizzata molto e soprattutto in epoca romana antica. Questo sistema sembra avere origine da quei luoghi dove si trovavano pietre di forma piatta, come ad esempio le vallate fluviali. Disporre le pietre in questo modo, era molto più facile ed inoltre, era una tecnica costruttiva che dava maggiore stabilità alla struttura soprattutto durante un terremoto. Un esempio di opera spicata si trova nelle mura esterne della villa delle grotte di Catullo a Sirmione.

Le immagini citate nell'articolo sono presenti qui.