Ilaria Iodice
Le principali tipologie costruttive di epoca romana

Le particolari attitudini politico-sociali dei Romani, li portarono ben presto a dover ricorrere a sistemi costruttivi assai diversi da quelli utilizzati dai loro predecessori. La necessità di dover coprire tipologie edilizie dalle forme più svariate, spesso non convenzionali, e soprattutto quella di dover coprire distanze e spazi interni di dimensioni assai più vaste (opere pubbliche in genere, ponti, ambienti termali, anfiteatri, ninfei, aule basilicali, templi, ecc.…) resero inadeguato l’antico sistema trilitico impiegato dalle civiltà precedenti. Già la componente etrusca conosceva le sperimentazioni orientali sul tema dell’arco e della volta, utilizzandole per le proprie necessità edilizie. Ma furono i Romani a portare il sistema arcuato a livelli di raffinatezza tecnica, grandiosità dimensionale e bellezza estetica fino a quel momento ineguagliati e in seguito largamente imitati in tutt’Europa fino alla Rivoluzione industriale del ‘700 che introdusse l’uso dell’acciaio e successivamente del cemento armato nelle costruzioni.
In Campania, il sistema dell’arco e della volta ha da sempre fatto largo uso dei materiali vulcanici presenti sul luogo i quali, con le loro caratteristiche di resistenza meccanica e lavorabilità determinano spessori, modalità di realizzazione ed aspetto estetico delle costruzioni del tutto peculiari e diversi dalle altre zone d’Italia.
L'ARCO
«Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze; imperoché l’arco negli edifici è composto di due quarti di circulo, i quali quarti circuli ciascuno debolissimo per sé desidera cadere e opponendosi alla ruina l’uno dell’altro, le due debolezze si convertono in una unica fortezza».
Da questa efficacissima citazione di Leonardo Da Vinci si evince che l’arco è una struttura che lavora essenzialmente a compressione. L’arco propriamente detto è formato da una serie di elementi sagomati a cuneo (conci) disposti a giunti inclinati (in genere radiali) per il posizionamento dei quali è generalmente necessaria la realizzazione di una struttura provvisionale (centina) che sostenga le due metà dell’arco fino al collocamento del concio sommitale (chiave).
I primi tentativi di sfruttare il principio dell’arco naturale (osservato in natura o in strutture dissestate) riproducendolo sovrapponendo conci disposti con giunti orizzontali via via più aggettanti dà origine agli pseudoarchi (Porta dei Leoni a Micene) ed alle pseudovolte (Tesoro di Atreo a Micene).
L'arco è composto da un insieme di elementi di pietra sagomata o di mattoni detti conci; quello situato nella parte più elevata dell'arco è detto concio di chiave o concio di chiusura o serraglia.
Le linee radiali che separano i conci si dicono giunti. Il piano orizzontale da cui si comincia a costruire l'arco si chiama piano di imposta, le linee curve che in basso e in alto lo delimitano sono dette rispettivamente intradosso ed estradosso.
Si chiama freccia o saetta o monta la distanza verticale fra il piano di imposta e il punto più elevato della linea di intradosso, mentre luce o corda è la distanza fra i sostegni o piedritti.
Dal punto di vista geometrico, dunque, nell'arco a tutto sesto (cioè semicircolare) la freccia corrisponde al raggio della semicirconferenza, mentre la luce è pari al diametro. Si dice ancora archivolto o ghiera la parte esterna (la faccia) visibile dell'arco.
Occorre dare ai conci di pietra la forma di un cuneo e ai mattoni (laterizi) una più o meno accentuata rastrematura. Se, invece, si impiegano mattoni di forma parallelepipeda (i più comuni) si aumenta, dall'intradosso verso l'estradosso, lo spessore della malta che si dispone tra un concio e l'altro. Per evitare grandi spessori di malta, si ricorre, talvolta, anche ad accorgimenti particolari. Fra questi, ad esempio, la costruzione di archi concentrici che determinano l'apertura voluta in modo graduale, secondo un ventaglio, l'inserimento, fra i mattoni, di blocchetti di pietra sagomati, e la sostituzione di un certo numero di conci in laterizio con altri di pietra lavorati a cuneo.
L'arco si comincia a costruire dai due estremi del piano di imposta. Per tale ragione, finchè non si mette in opera il concio di chiave, che deriva il nome proprio dal fatto che chiude staticamente la struttura, l'arco non può considerarsi tale né può reggersi autonomamente. E' necessario, allora, che durante le varie fasi di costruzione si ricorra a una struttura in grado di sostenerlo: la centina. Essa, solitamente di legno, si costruisce prima dell'arco e ha anche la funzione di dargli la forma desiderata.
L'insieme delle centine e degli altri elementi di legno che le tengono all'altezza voluta prende il nome di armatura.
Naturalmente, una volta sistemato il concio di chiave, la centina - che è una struttura provvisoria - viene smontata: operazione, questa, che più propriamente si definisce disarmo. Il disarmo va fatto con molta cautela seguendo modi e tempi giusti e, soprattutto, lentamente, lasciando che l'arco si assesti nella sua conformazione definitiva.
 
LA VOLTA E LA CUPOLA
La volta è un sistema di copertura che si basa sul principio dell'arco, poiché risulta composta da tanti conci affiancati che trasmettono alle murature che la sostengono (imposte) il peso proprio e quello di tutto quanto sta loro sopra.
Anche per le volte valgono le stesse denominazioni e definizioni date per l'arco; ma mentre questo copre una piccola superficie, la volte ne copra una molto maggiore.
Le volte più comunemente impiegate, soprattutto dai Romani, furono quelle a botte, quelle anulari, quelle a crociera.
Essi, inoltre, fecero largo uso delle cupole soprattutto per coprire spazi centrici. Si dicono tali quelli a pianta circolare o formata da poligoni regolari (comunque inscrivibili in una circonferenza).
I materiali più usati nella costruzione delle volte e delle cupole fu il calcestruzzo: si parla, allora, di volte e cupole in concrezione. In esse i mattoni venivano disposti ad arco secondo i meridiani e, talvolta, anche secondo i paralleli. In tal modo, nel primo caso si creavano delle nervature radiali e, nel secondo, una sorta di grande rete nervata aventi la funzione di rendere più rigida e resistente la struttura in calcestruzzo.
Gli schemi grafici che seguono danno, per ogni tipo di volta, la pianta, due sezioni e un'assonometria. Gli schemi sono accompagnati dal prospetto di una centina e da una veduta assonometrica di un'armatura.
Volta a botte: La volta a botte è la più semplice tra le coperture in muratura e viene impiegata soprattutto per coprire spazi di forma rettangolare. Geometricamente appare come se fosse generata da un immaginario arco a tutto sesto (detto direttrice) che scorre lungo due rette parallele (dette generatrici) costituite dalla sommità dei muri, gli elementi verticali di sostegno. Le generatrici, naturalmente possono essere anche inclinate. È questo il caso, ad esempio, delle volte a botte che coprono le scalinate.
Volta anulare: La volta anulare è un particolare tipo di volta a botte che ha le generatrici (muri su cui si imposta) costituite da due cerchi concentrici.
Volta a crociera: La volta a crociera è data dall'intersezione di due volte a botte le cui direttrici stanno sui quattro lati dell'ambiente da coprire.
Volta a padiglione: La volta a padiglione è ottenuta dall'intersezione di due volte a botte che hanno le linee di imposta sui lati opposti dell'ambiente da coprire.
Cupola: La cupola, infine, geometricamente è una superficie detta di rotazione poiché si genera facendo ruotare un semicerchio attorno a un asse verticale. Essa, vera e propria invenzione romana, viene solitamente utilizzata per coprire ambienti a pianta circolare, quadrata o poligonale.
TERMINOLOGIA DI BASE (Fig. 1):
I VARI ARCHI (Fig. 2):
L’arco zoppo o arco rampante ha le imposte a due quote differenti.

VOLTA A BOTTE (Fig. 3)
La volta a botte può essere vista come un arco di grande profondità. In genere al di sopra delle volte si ha un rinfianco (di materiali vari) che rende piano l’estradosso e consente di realizzare un piano di calpestio. In rosso sono segnate: la curva direttrice e la linea generatrice.

VOLTE COMPOSTE (Fig. 4)
In un ambiente a pianta quadrata:
a. La volta a botte scarica su 2 lati.
b. Quella a padiglione scarica su 4 lati.
c. Quella a crociera scarica solo su 4 punti: i vertici del quadrato.
L’uso delle volte a crociera rende possibile una maggiore di uso degli ambienti o l’apertura di grandi vani nelle pareti perimetrali (finestre gotiche).

VOLTA A CROCIERA  (Fig. 5)

Volte a crociera:
a: ordinaria.
b: a monta rialzata.
c, d, e, f: con unghie a doppia curvatura.
c: a monta rialzata.
d: a monta costante.
e: a monta differente sui 4 lati.
f: a monta ribassata.

VOLTA A CROCIERA SU PIANTA POLIGONALE (Fig. 6):

Volta a crociera costituita da unghie a superficie a doppia
curvatura e monta rialzata detta "volta a ombrello".

VOLTE A SUPERFICIE SFERICA (Fig. 7):

Complesso di strutture a superficie verticale e a volta (Fig. 8):
Dall’alto:
a. cupola.
b. tamburo.
c. cupola con occhio centrale.
d. tamburo.
e. pennacchi sferici.

VOLTE COMPOSTE (Fig. 9):

Testa di padiglione (Fig. 10):

Volta a padiglione con cervello piano (Fig. 11):

ANCORA VOLTE COMPOSTE  (Fig. 12):

VOLTE, ESEMPI VARI (Fig. 13):

La volta a padiglione su archi e pilastri richiede altezze superiori perché l’imposta della volta deve essere a quota superiore alla chiave degli archi.

Fonte:   Adam Jean­Pierre, L’arte di costruire presso i romani, 1984. Ed. italiana: Longanesi, 1988

Le immagini sono visualizzabili qui.