Martina Imparato
I proprietari terrieri: Columella, De Re Rustica

Lucio Giunio Moderato Columella nacque nel 4 d.C. a Cadice, in Spagna e morì all’età di 66 anni. Ebbe una carriera nell’esercito, ma successivamente divenne agricoltore e scrittore romano. Poiché proveniente da una famiglia di grandi proprietà terrieri dell’aristocrazia provinciale , è lui stesso proprietario di tenute nel Lazio. Grazie alla sua formazione scientifica, e l’esperienza da agricoltore, compose dal 60 al 65 d.C. il primo vero trattato di scienza della coltivazione, il De Re Rustica. L’opera più conosciuta in tutto il mondo, punto di riferimento per chi voleva cominciare attività agricole. Il De Re Rustica fu dedicato a Publio Silvino, suo vicino di casa e si divideva in dodici volumi, trattando tutti gli aspetti della pratica agricola, attraverso, ad esempio, descrizioni ben approfondite sulla biologia delle piante, in particolare la pianta della vite e dell’oliv. Nel secondo libro, infatti, spiegherà come seminare i legumi, i cereali e il farro; nel quarto come produrre un vigneto e come prendersene cura; nell’undicesimo come difendere le piante dal gelo, e inoltre portò delle modifiche agli strumenti utilizzati per l’agricoltura, come la ciconia , che veniva utilizzata per misurare la profondità di un terreno, per renderlo più efficace. Columella con questo trattato voleva dimostrare come fare agricoltura nonostante il clima dell’epoca e inoltre dimostrare la fertilità dei suoli, nei quali si poteva non solo aumentare le pratiche agricole ma anche conservarli per quando servivano. Columella ebbe molto successo con il suo trattato persino in epoca moderna, durante la quale è stato utilizzato per un svolgimento corretto legato al denaro. Il De Re Rustica di Columella tratta anche dell’allevamento del bestiame, di come accudirli e la cultura delle api e degli uccelli.

Edizione delle opere di Columella presente nella Biblioteca digitale BEIC

Edizione delle opere di Columella presente nella Biblioteca digitale BEIC

• VERSIONE “ LA TERRA MADRE DI TUTTI ” COLUMELLA, DE RE RUSTICA, I, PRAEFATIO PASSIM “Saepe numero civitatis nostrae principes audio culpantes modo agrorum infecunditatem, modo caeli per multa iam tempora noxiam frugibus intemperiem; quosdam etiam praedictas querimonias velut ratione certa mitigantes, quod exstiment ubertate nimia prioris aevi defatigatum et affetum solum nequire pristina benignitate praebere mortalibus alimenta. Quas ego causas, P.Silvine, procul a veritate avesse certum habeo, quod neque fas est existimare rerum naturam, quam primus ille mundi genitor perpetua fecunditate donavit, quasi quodam morbo sterilitate adfectam; neque prudentis est credere tellurem, quae divinam et aeternam iuventam sortita communis omnium parens dicta sit, quia et cuncta peperit semper et deinceps paritura sit, velut hominem consenuisse. Nec post haec reor violentia caeli nobis ista, sed nostro potius accidere vitio, qui rem rusticam pessimo cuique servorum velut carnefici noxae dedimus, quam maiorum nostrorum optimus quisque et optime tractaverat.”

“Spesso sento cittadini ragguardevoli di Roma incolpare ora la sterilità dei campi ora l'inclemenza del cielo già da tempo nociva ai raccolti. Sento taluni attenuare queste lamentele per una diciamo così precisa convinzione: essi infatti pensano che il terreno, affaticato e spossato dall'eccessiva fertilità precedente, non possa più offrire agli uomini gli alimenti con la larghezza di una volta. Questi motivi, o Publio Silvino, io li giudico senz'altro surrettizi. Non mi è possibile pensare che la natura, dotata di perpetua fecondità dal primo creatore del mondo, sia stata presa dalla sterilità come da un morbo; né è degno di persona saggia credere che la Terra, a cui toccò in sorte una divina eterna giovinezza, che fu detta comune madre di tutti in quanto tutto essa ha sempre prodotto e tutto in seguito continuerà a produrre, si sia invecchiata come s'invecchia un uomo! Inoltre non penso che codesti inconvenienti capitino per inclemenza del clima, bensì sostengo che sono dovuti a colpa nostra perché abbiamo affidato agli schiavi peggiori, come a carnefici che la rovinino, quel! agricoltura della quale i migliori tra i nostri antenati si occupavano personalmente e nel modo migliore.”