Marco Porcio Catone di famiglia plebea di agricoltori benestanti, nacque nel 234 a.C a Tusculum. Partecipò attivamente alla vita politica e inoltre fu un’abile oratore e poeta latino. Una delle sue opere più celebri fu “Liber de agri cultura” comunemente noto come “De agri cultura”. Opera dedicata al figlio e composta intorno al 160 a.C., prima opera latina in prosa che ci giunge per intero, divisa in 162 capitoli, i quali trattano temi riguardanti la vita condotta nella Villa Rustica. Questa inizialmente era una semplice proprietà del signore che aveva il compito di sfamare l’intera famiglia. Nel frattempo le vittorie romane si fecero sempre più numerose, e questo comportò un aumento progressivo degli schiavi nella penisola italica. Così la semplice proprietà divenne una piccola “azienda agraria”. Essa è costituita da due cortili “cohortes”, uno interno e l’altro esterno, con le vasche per abbeverare gli animali, lavare la lana, macerare il cuoio e gli altri usi. Intorno ad ogni cortile le stanze degli schiavi, una grande cucina e le stalle per i buoi. Rivolti a nord, perché fossero freschi e asciutti, c’erano l’aia, con i capanni per gli attrezzi. Il libro tratta varie tematiche, le quali sono divise nei vari capitoli: -I capitoli 1\22 sono dedicati ai consigli sull’acquisto e sull’allestimento dell’azienda agricola. -I capitoli 23\54 contengono istruzioni sulla produzione del vino, dell’olio e di altri prodotti agricoli. -I capitoli 55\162 trattano argomenti di vario tipo tra cui medicina e veterinaria. Si parla, tra le altre cose, di come propiziare il raccolto con preghiere agli dei e cerimonie religiose.
COMPORTAMENTO DEL PROPRIETARIO TERRIERO; BRUTALITA’ DELLO SFRUTTAMENTO DEGLI SCHIAVI.
Il De Agri Cultura costituisce una precettistica generale del comportamento del proprietario terriero. Questi, proposto, secondo la tradizione patriarcale nelle vesti di pater familias, dovrà essere presente il più possibile nella propria tenuta per sorvegliare la puntuale esecuzione di tutti i lavori. Il proprietario dovrà avere vasti magazzini in cui tenere depositata la merce in attesa del rialzo dei prezzi, dovrà comprare il meno possibile e vendere il più possibile, avere la mentalità del produttore e non quella del consumatore. Sarebbe tuttavia erroneo credere di trovarsi di fronte a una bonaria civiltà agricola patriarcale. Da alcuni passi traspare la brutalità dello sfruttamento degli schiavi. L’abbigliamento di quest’ultimi consisteva in una tunica di tre piedi e mezzo, un mantello dato ogni due anni da restituire per farne centoni e ancora forniti ogni due anni dei buoni sandali.
Edizione delle opere di Catone presente nella Biblioteca digitale BEIC
VERSIONE “DOVERI DEL PATER FAMILIAS” CATONE, DE AGRI CULTURA
Pater familias ubi ad villam venit, ubi larem familiarem salutavit, fundum eodem die, si potest, cimcumeat; si non eodem die, at postridie. Ubi cognovit quo modo fundus cultus siet operaque quae facta infectaque sient, postridie eius diei vilicum vocet, roget quid operis siet factum, quid restet, satisne tempori opera sient confecta, possitne quae reliqua sient conficere, et quid factum vini, frumenti aliarumque rerum omnium. [2] Ubi ea cognovit, rationem inire oportet operarum, dierum. Si ei opus non apparet, dicit vilicus sedulo se fecisse, servos non valuisse, tempestates malas fuisse, servos aufugisse, opus publicum effecisse, ubi eas aliasque causas multas dixit, ad rationem operum operarumque vilicum revoca. [3] Cum tempestates pluviae fuerint, quae opera per imbrem fieri potuerint, dolia lavari, picari, villam purgari, frumentos transferri, stercus foras efferri, sternicilium fieri, semen purgari, funes sarciri, novos fieri; centones, cuculiones familiam oportuisse sibi sarcire.
TRADUZIONE:
Il capofamiglia non appena è giunto alla fattoria, non appena ha reso devoto omaggio al lare domestico, faccia un giro attorno al fondo il giorno stesso, se è possibile; se non il giorno stesso, almeno quello successivo. Non appena ha saputo in che modo il fondo sia coltivato, quali siano i lavori eseguiti e quelli ancora da fare, chiami il fattore il giorno successivo, a quello chieda quali lavori siano stati fatti, che cosa rimanga, se quelli compiuto siano stati realizzati a tempo debito, se possa portare a termine i lavori rimasti e quale sia stata la produzione di vino, frumenti e di tutti gli altri beni. [2] Non appena sa quelle cose, è opportuno che faccia il calcolo dei lavori e dei giorni. Se non gli sembra soddisfacente il risultato del lavoro, il fattore dice di aver agito diligentemente, che i servi sono stati ammalati, che ci sono state delle cattive tempeste, che dei servi sono fuggiti, che ha dovuto eseguire dei doveri pubblici, ma quando ha detto quelle e molte altre scuse, invita il fattore al conto delle opere e degli operai. [3] Ricorda che quando ci sono state tempeste piovose egli avrebbe dovuto svolgere quei lavori che si possono fare durante la pioggia: lavare le botti, spalmarle di pece, pulire la fattoria, rivoltare il grano, portare via lo sterco, fabbricare il letamaio, ripulire il grano, rammendare le funi, farne delle nuove; che sarebbe stato opportuno che i servi gli rammendassero i vestiti e i cappotti.