Giovanni Panico
Le caratteristiche di una Villa rustica Romana - La villa romana di Ponticelli

“Villa", è un termine che indica letteralmente la residenza di campagna dei signori romani ("domus" quella di città). I grandi proprietari terrieri gestivano i loro vasti possessi agricoli attraverso queste "fattorie" (che potevano contare anche centinaia di schiavi), autosufficienti da tutti i punti di vista (producevano alimenti e derivati, come tessuti e formaggi, ma spesso anche mattoni o tegole). Ma, naturalmente, la sua produzione era principalmente volta alla vendita. Addirittura la residenza poteva divenire anche luogo di villeggiatura per il proprietario che la trasformò ben presto in luogo di otium, cioè un luogo in cui trascorrere il tempo libero lontano dalla vita convulsa della città, alternando il riposo con attività culturali. Nel corso degli anni e con l’aumento continuo della potenza...dell’autorità di Roma che, dopo ogni conquista, tendeva a trasferire in Italia migliaia e migliaia di schiavi da sfruttare nei più complessi e svariati lavori quotidiani, le ville rustiche divennero sempre più grandi e lussuose (200­250 ettari la misura media) e i prodotti, oltre a sfamare la famiglia del proprietario, venivano venduti in mercati lontani. Fu soprattutto in Italia centrale che si diffuse maggiormente la villa come azienda agricola (dalla Campania all’Etruria) ed è considerata da molti studiosi la forma produttiva più efficace e originale che l’economia romana abbia generato. Le produzioni erano differenziate: piantagioni (soprattutto ulivi e vite), altre coltivazioni intensive, orti, pascoli, impianti di trasformazione, depositi, mezzi di trasporto. Era dunque una vera e propria associazione organizzata e stabile.

Come abbiamo già citato in precedenza, nella villa rustica c’era una grossa quantità di schiavi a cui erano affidati i diversi lavori ed inoltre questi individui erano organizzati con disciplina militare, inquadrati da sorveglianti (schiavi anch’essi) sotto la direzione di un vicario del padrone detto villicus. Un’organizzazione così complessa necessitava grosse conoscenze, che i romani non esitarono a diffondere in famosi testi di agronomia, come: il De agri cultura di Marco Porcio Catone, il De re rustica di Marco Terenzio Varrone e i libri di Columella.

La villa era divisa in settori differenti:

  • ­La Pars Dominica era la zona residenziale, destinata al dominus e alla sua famiglia;
  • La Pars Massaricia, formata dalla Pars Rustica e dalla Pars Fructuaria e composta da piccoli poderi, detti mansi, affidati al lavoro dei servi casati o concessa in affitto in cambio di un canone in natura o in denaro e di alcune giornate di lavoro gratuite dette corvée;
  • ­La Pars Rustica era la zona destinata alla servitù, ai lavoratori dell'azienda;
  • ­La Pars Fructuaria era destinata alla lavorazione dei prodotti.

Dopo la fine della fase espansionistica dell’Impero romano (II secolo d.C.) ci fu una grossa riduzione di schiavi e, di conseguenza, di manodopera che costrinse l’aristocrazia fondiaria a cedere una parte sempre più vasta della terra ai coloni. Questi ultimi erano uomini liberi a differenza degli schiavi ma legati al latifondista secondo la forma della commendatio: in cambio di protezione avevano l’obbligo di prestare servizi gratuiti (corvée) e pagare ingenti canoni. Nelle ville vigeva la responsabilità collettiva del pagamento delle tasse.

La Villa rustica di Ponticelli
   
Napoli è la città più popolata del sud Italia e si trova tra due aree vulcaniche, quella del Vesuvio, uno dei simboli della città, e quella dei Campi Flegrei. Essa, con i suoi dintorni, è dotata di una ricchezza artistica, storica e culturale molto ampia che ha portato l’UNESCO a dichiarare il suo centro storico come Patrimonio dell’Umanità. Diversi i popoli che hanno lasciato resti del loro passaggio in questa città, dai greci ai romani, dai normanni fino a terminare con gli spagnoli ma soprattutto Napoli, con i suoi scavi di Pompei, di Ercolano e di Oplontis, (riportati nella lista dei patrimoni dell'umanità dell’UNESCO) è il punto di riferimento per lo studio della vita e della società della Roma imperiale.

Ugualmente importanti, però, sono anche i siti archeologici di Ponticelli, un quartiere popolare a est di Napoli che spesso è conosciuto solo per fatti di cronaca negativi portati alla ribalta dai media, ma che, ad esempio e sono in pochi a saperlo, fu il primo quartiere in Europa a ribellarsi ai nazi­fascisti.

La scoperta di strutture romane nel quartiere di Ponticelli è avvenuta nel corso del 1983 quando, dopo il terremoto del 1980, il Commissariato Straordinario di Governo del Comune di Napoli, iniziò nel quartiere con la legge 219, tra via Bartolo Longo e l’attuale via della Villa Romana, la costruzione di un rione per l’edilizia residenziale popolare (Lotto 0).

La Villa Romana di Ponticelli

La Villa Romana di Ponticelli

Durante gli scavi per la lavorazione di codesta costruzione, vennero rinvenuti diversi reperti di età romana e, di conseguenza, la Soprintendenza ai Beni Archeologici di Napoli e Caserta decise di interrompere i lavori per un controllo specifico della zona. In seguito vennero eseguiti, fra il 1985 ed il 1987, degli scavi e poi nuovamente nel 2007 i quali portarono alla luce ben due ville romane di cui una, di epoca repubblicana, fu distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. (la stessa che distrusse Pompei ed Ercolano) ed i cui ritrovamenti giacciono oggi sotto un parcheggio di cemento, mentre l’altra che è la più recente (e le annesse necropoli) furono impiantate in epoca tardo traianea e restarono in uso sino al V­VI secolo d.C.

In entrambi i casi si tratta di ville rustiche ossia, come già detto in precedenza, destinate allo sfruttamento agricolo del territorio e alla vendita dei prodotti.
La villa rinvenuta ed oggi visibile, detta di Caius Olius Ampliatus, è una villa rustica costruita per la produzione agricola su un territorio molto fertile. La posizione per il commercio è ottima: non molto distante dalla città di Neapolis e dalla costa, la villa era situata su un’importante via commerciale che la collegava ai centri di Nola e Acerra. La villa occupa un’area di circa 2300 metri quadrati con una pianta quadrangolare in cui gli ambienti sono disposti intorno ad un portico ad ‘U’, retto da colonne in laterizio. Vi è una rigida divisione tra ambienti, infatti la pars rustica, posta a sud­ovest, è nettamente divisa da quella urbana che è, invece, collocata a nord­est (Fig. 5). La zona produttiva comprende il torcular (torchio) vinario, il lacus (a vasca in cui veniva fatto fermentare il mosto), la cella vinaria, l’area (aia), il pistrinum (panetteria), l’habitatio vilici, l’hortus, l’oletum, una serie di celle rustiche e l’ingresso principale, le cui strutture sono abbastanza ben conservate. Purtroppo, della pars urbana conosciamo poco poiché è stata quasi completamente demolita durante le operazioni preliminari alla costruzione dei fabbricati del Lotto 0. Ciò nonostante l’accurata pulizia di quanto rimasto ha restituito parte della culina (cucina), di un’alcova e di un triclinium (zona in cui veniva servito il pranzo), mentre il rinvenimento di alcuni frammenti di tegole mammate e di uno strigile fa supporre anche la presenza di un piccolo balneum (piscina) privato

La struttura della villa ruota tutta intorno ad un giardino che funge da perno dell’abitazione, cinto da un peristilio con muretti in opera cementizia il cui paramento fu costruito con la tipica tecnica romana dell’opus reticulatum. In una piccola zona di servizio adibita a cucina troviamo ancora l’originale base per il focolare, e proprio lì accanto troviamo il cubiculum, un stanza da letto dalle dimensioni essenziali dove è possibile vedere ancora oggi parti dell’intonaco originale, il cui colore purtroppo è andato perso, e decorazioni in cocciopesto che fungevano da scendiletto.

Anche nel triclinium troviamo le medesime decorazioni ma, alla fine, i muri e i pavimenti della villa non presentano elementi decorativi sofisticati poiché non si trattava di una villa d’ozio vera e propria (otium), bensì di una villa di produzione. Gli ambienti più importanti della villa erano senza dubbio due: quello in cui avveniva la premitura delle olive (dove veniva utilizzata una base d’appoggio in pietra lavica ancora presente oggi), e una zona esterna in cui sono presenti dei dolia interrati destinati a conservare il vino prodotto.

E’ stato possibile ricavare notizie sul ruolo svolto dalla villa proprio grazie a questi due ambienti e ai reperti rinvenuti al suo interno (soprattutto all’ingresso). Dalla zona Sud, tramite delle scale, era (ed è tutt’oggi, anche se per motivi di sicurezza ne è vietato l’accesso) possibile accedere ad un ambiente sotterraneo. L’abbandono della villa da parte dei suoi abitanti, durante l’eruzione del 79 d.C., ha consentito il rinvenimento di numerose suppellettili ma quello più interessante è sicuramente il rinvenimento di uno degli abitanti della villa, si tratta del villicus, un vicario il cui corpo è stato trovato proprio nel sotterraneo citato in precedenza dove, spaventato dall’eruzione del Vesuvio, aveva cercato la salvezza. Sfortunatamente, nulla riuscì a salvarlo dal suo triste destino ed egli bruciò vivo, vaporizzato da una nube ardente. Questa scoperta fu sensazionale poiché proprio accanto al suo corpo è stato rinvenuto il reperto più importante, il signaculum di bronzo che ci restituisce il nome dell’ultimo proprietario della villa: C. Olius Ampliatus. Il sigillo rientra nella categoria dei signacula anuli in bronzo ed è costituito da una parte ad anello e l’altra a cartiglio rettangolare. A partire da Maggio 2013, la villa romana di Ponticelli è stata aperta al pubblico per la prima volta e, grazie all’aiuto del Gruppo Archeologico Napoletano, tantissimi turisti e residenti curiosi hanno potuto visitare questo sito, fonte di grande importanza.

Fonti consultate:

  • Adam Jean­Pierre, L’arte di costruire presso i romani, 1984. Ed. italiana: Longanesi, 1988
  • Cascella Sergio e Vecchio Giuseppe, Nota preliminare sulla scoperta della villa rustica di C. Olius Ampliatus: suburbio sud­orientale di Neapolis (Ponticelli), in Rivista di studi pompeiani, XXIII, L’’Erma’ di Bretschneider”, 2012
  • Cascella Sergio e Vecchio Giuseppe, La Villa rustica di C. Olius Ampliatus, Archaeopress, Oxford, 2014
  • Fatigato Orfina, Napoli est réussi, Ed. Officina, 2015
  • Goethe Johann Wolfgang, Viaggio in Italia, 1813­17. Ed. italiana: Mondadori, 2013
  • Le Corbusier, Verso un’Architettura, 1923. Ed. italiana: Longanesi, 1984
  • www.homolaicus.com
  • www.wikipedia.com
  • www.ganapoletano.it