Martina Bellazzi
Parini, La salubrità dell'aria, analisi del testo, parte 2

Analisi

1. Secondo la filosofia sensista, tutta la vita spirituale dell’uomo ha origine dalle sensazioni fisiche, per mezzo delle quali egli entra in contatto con la realtàesterna. Parini aderisce alla poetica sensista ed in base ad essa ritiene che l’arte debba risvegliare nel lettore forti sensazioni. Quindi usa termini nuovi, precisi, anche estranei alla tradizione letteraria, per creare nel lettore chiare immagini degli oggetti e sensazioni molto vivide. Prende perciò a prestito anche termini ricavati dalle scienze moderne come "polmon capace" v. 7, "morbi infetti" v. 22, "atomi" v. 88, "sali malvagi" v. 93, pur di dare concretezza e incisività ai propri versi. Egli utilizza inoltre espressioni ricche, con lo scopo di suscitare immagini intense, dal punto di vista visivo, olfattivo e fonico. A titolo esemplificativo si citano: "Giacciono paludi che dall’impuro letto…" vv. 19-20 "Il meriggio a bei colli asciuga i dorsi molli" vv. 23-24 "Il fetido limo…" v. 27 "Crescente pane…" v. 56 "Baldanzosi fianchi delle aride villane…" vv.57-58 "E il bel volto …tra il bruno e il rubicondo…" vv.59-60 "Aura…purgata…" vv.63-64 "Le erbe aromatiche…pungono le nari…" vv.90 "Il fimo alto fermenta…ammorba l’aria lenta…"vv.92-94 "Gli aliti corrotti…"v.105 "Le vaganti latrine…" v.110

2. L’ultima strofa offre una dichiarazione di poetica: Parini è consapevole della novità del suo esperimento, che consiste nel perseguire “l’utile”, ossia nell’affidare alla poesia il compito di diffondere i “lumi della ragione”. “L’utile”, secondo Parini, non puòessere peròil fine esclusivo del suo componimento: la poesia non deve essere degradata ad un’operazione pratica, ma“l’utile”deve andare unito al “lusinghevol canto”. È questo il principio classico, oraziano, della mescolanza dell’utile e del diletto come fine della poesia.

3. La contrapposizione degli aggettivi “innocente”e “superba”, legati rispettivamente alla campagna e alla città, stanno ad indicare la differenza tra la campagna onesta, che sussiste grazie alla fatica e al lavoro dei contadini che sfruttano l’agricoltura in modo giusto e sano, coltivando il grano, che non distrugge il clima ed è un alimento base per la vita, e la città corrotta, dove gli agricoltori sfruttano troppo il terreno, non curandosi di preservare i doni che la natura ha fornito loro, coltivando riso e marcite per nutrire i cavalli dei nobili a discapito della salute collettiva, andando ad arricchire gente individualista, egoista e pigra. Questa contrapposizione èriscontrabile anche nel Giorno, dove Parini, raccontando la giornata del “giovin signore”, mostra la corruzione e l’oziositàdella classe nobiliare che si contrappone alla vita operosa e sana dei contadini e degli artigiani.

4. In Parini è facilmente individuabile un filtro letterario classico. Egli non ha intenzione di operare una rivoluzione del linguaggio poetico. Se deve parlare di acque putride riversate dalle finestre delle case scrive “quivi i lari plebei/ da le spregiate crete/ d’umor fracidi e rei/ versan fonti indiscrete”. Se deve parlare delle pene inflitte a chi inquina, usa la personificazione mitologica di Temi, la divinitàdella giustizia. Anche quando descrive la campagna, fa ricorso al filtro letterario: per esempio, ai vv. 61-62 esclama “Oh fortunate genti”, con un evidente richiamo ad un passo delle Georgiche di Virgilio ("O fortunatos nimium, sua si bona norit, / agricolas!" libro II, vv. 458-59). Quest'immagine ci conferma che, per quanto Parini, con spirito illuministico, tenti di indagare i problemi e le scelte economiche del presente, i suoi contadini restano pur sempre idealizzati. Allo stesso modo il poeta, pur proponendosi come cantore del lavoro e della vita attiva e sana, vede in realtàla campagna come luogo di evasione, lontano dalle ansie della vita civile, una sorta di locus amoenus in cui rifugiarsi. E cosìla figura del poeta disteso “sotto ad una fresc’ombra” v. 51, “con la mente sgombra” v. 49 non puòn on farci pensare al pastore Titiro della prima egloga di Virgilio che, disteso sotto l'ombra di un ampio faggio, suona il suo zufolo silvestre.