Sara Macrì
I codici di Leonardo

Il corpus degli scritti di Leonardo è costituito da oltre cinquemila pagine di appunti, che probabilmente rappresentano una piccola parte della sua sterminata produzione, dispersa e mutilata nel corso degli secoli. Leonardo aveva l’abitudine di portare sempre con sé quaderni e taccuini, sui quali annotava con minuziosità e a profusione, con la sua inconfondibile scrittura speculare, tutto quello che lo colpiva del mondo che lo circondava. Non meno copiosa era la produzione “casalinga”. Rientrato nell’abitazione – le tante in cui ebbe la residenza – redigeva progetti, disegnava macchine, preparava bozzetti o studi di quadri e sculture, o di particolari di essi, riordinava graficamente idee concepite nel corso dei suoi spostamenti, ed elaborava piani, programmi e propositi di lavoro.

La suddivisione attuale dei manoscritti non è sicuramente quella originale, dal momento che tutti questi materiali di lavoro hanno una storia alquanto tormentata e complessa. I codici di Leonardo furono ammirati nel 1517 ad Amboise da Antonio de Beatis nello studio dell'artista e ricordati come «un'infinità di volumi». Nel 1519 Leonardo morì lasciandoli in eredità al suo discepolo Francesco Melzi che nel 1523 tornò a Milano, portandoli con sé. Nel 1530 Melzi compilò il Libro di Pittura usando 18 manoscritti leonardeschi, di cui 6 sono stati identificati: A, E, F, G, L, il Trivulziano e un foglio del codice Windsor. Gli eredi di Francesco Melzi, dopo la sua morte (avvenuta nel 1570) lasciarono inizialmente gli scritti – di cui ignoravano il valore – in un sottotetto, per poi regalarli o cederli ad un prezzo irrisorio. Tra il 1585 e il 1587 un certo Lelio Gavardi d’Asola, preposto di san Zeno a Pavia, e dello stampatore veneziano Aldo Manuzio, si introdusse nella villa dei Melzi a Vaprio d’Adda, rubò tredici manoscritti e li portò a Firenze e Pisa. Secondo il canonico Ambrogio Mazenta, che tre anni dopo cercherà di farli restituire ai Melzi, i codici erano in folio e in quarto. Questa informazione lascia supporre che il manoscritto C fosse tra questi; due, il manoscritto Figino e il manoscritto Savoia, sono andati perduti, mentre gli dieci non sono stati identificati: è possibile però che tra essi vi fossero i manoscritti E, F, G e il libro A.

Anche lo scultore Pompeo Leoni gioca un ruolo determinante nella dispersione dei codici: nel 1590 egli si recò in Spagna con un numero imprecisato di manoscritti (fascicoli sciolti e disegni) e, con l'intenzione di separare i disegni artistici da quelli tecnologici e di unificare le pagine scientifiche, smembrò parte dei manoscritti originali, tagliando e spostando le pagine, così da formare due grandi raccolte: il Codice Atlantico e la Raccolta di Windsor, che conta circa seicento disegni. Con lo stesso sistema, Leoni compose almeno altri quattro fascicoli. Nel 1608, alla morte di Leoni, i manoscritti furono ereditati da Polidoro Calchi che, tra il 1615 e il 1632, li vendette al milanese Galeazzo Arconati, il quale a sua volta, nel 1637, li donò alla Biblioteca Ambrosiana, dove rimasero fino al 1795, quando Napoleone li fece trafugare e portare a Parigi, presso l’Istituto di Francia. Mentre si trovavano ancora in Francia, le carte di Leonardo furono saccheggiate da Guglielmo Libri, matematico e bibliofilo toscano, accusato del furto di molti manoscritti e condannato in Francia a dieci anni di carcere, mai scontati perché il Libri si rifugiò in Inghilterra, dove vendette le carte rubate. Nel 1851 una parte dei manoscritti tornò a Milano, mentre altri restarono a Parigi, e altri ancora in Spagna, dove alcuni sono stati ritrovati solo nel 1966.

Di seguito vengono presentati i dieci principali codici leonardeschi, a partire da quelli utilizzati come fonti per questa ricerca su Vigevano:

Codice Atlantico (64,5 x 43,5 cm; 1119 fogli raccolti in 12 volumi rilegati in pelle; conservato a Milano presso la Biblioteca Ambrosiana). È stato chiamato così perché Leoni dispose gli scritti di Leonardo su fogli del formato solitamente utilizzato per realizzare gli atlanti geografici. Il Codice Atlantico raccoglie disegni per buona parte databili tra il 1478 e il 1518, ed inerenti vari argomenti, dalla matematica alla botanica e alle arti militari. In questo manoscritto è presente la definizione che Leonardo diede di se stesso, ossia omo sanza lettere («So bene che, per non essere io letterato, che alcuno presuntuoso gli parrà ragionevolmente potermi biasimare coll’allegare io essere omo sanza lettere» – folio 119, verso A). Da settembre 2009 a settembre 2015, in occasione dell’EXPO, i fogli del Codice Atlantico sono esposti a rotazione nella Sacrestia del Bramante nel Convento di Santa Maria delle Grazie e nella Sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana. http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ae/Atlanticus_Folio_133v...

Codici dell'Istituto di Francia (964 fogli raccolti in dodici manoscritti cartacei, alcuni rilegati in pergamena, altri in pelle, altri ancora in cartone; conservati a Parigi, presso l’Istituto di Francia). I manoscritti hanno diverse misure, che vanno da 10x7 cm a 31.5x22 cm. Per convenzione sono indicati con una lettera dell'alfabeto, dalla A alla M. I più importanti per gli studi sulle acque e sul territorio di Vigevano sono:

Manoscritto A (cm 22x15; conservati 63 fogli dei 144 originari) Si presenta mutilo rispetto l’originale, a causa del furto di numerosi fogli - alcuni mai ritrovati - sottratti verso la metà dell’Ottocento da Guglielmo Libri, che ne ricompose una parte in volume vendendolo all’inglese Lord Ashburnham. Il fascicolo fu poi recuperato e catalogato come Ashburnham 2038. Il contenuto del manoscritto, datato 1490-1492, riguarda prevalentemente la pittura e la fisica, con le considerazioni sul moto a fare da denominatore comune. Il tema della pittura vi è discusso in modo particolareggiato, tanto è vero che Francesco Melzi ne trascrisse ampi stralci nel suo Libro di pittura - poi pubblicato a metà Seicento come Trattato della pittura. Nel Codice Ashburnham 2038, ai fogli 114 recto e 114 verso, compaiono studi di decorazioni datati 1492: questi disegni potrebbero riferirsi al castello di Vigevano.

Manoscritto B (cm 23x16; conservati 84 fogli dei 100 originari). Redatto tra il 1487 e il 1490, questo manoscritto è, insieme al Codice Trivulziano, il più antico degli autografi di Leonardo. Guglielmo Libri ne rubò parecchi fogli, che puoi furono rilegati in volumi e venduti a Lord Ashburnham (una volta recuperati furono infatti catalogati con la segnatura Ashburnham 2037). La sua redazione comincia quando Leonardo è già trentacinquenne, e contiene disegni di armi e macchine militari o da lavoro, chiese a pianta centrale, la famosa “città ideale”su due livelli e gli avveniristici progetti di macchine volanti e altre formidabili invenzioni (una vite aerea che sembra anticipare l’elicottero, il sottomarino). È in questo manoscritto Leonardo traccia disegni sulla strada coperta, che viene proposta a miglioramento difensivo in uno studio di disposizione interna nella ghirlanda del Castello di Milano. «Nobile corridore» è definita da Leonardo la strada coperta (che a Vigevano unisce il castello alla Rocca Vecchia), mentre il disegno della «polita stalla» somiglia molto alla scuderia modello voluta, sempre a Vigevano, da Ludovico il Moro nel 1490.

Manoscritto F (cm 14,5x10; 96 fogli) La sua compilazione risale al 1508, e si è conservato praticamente intatto. Ha per oggetto lo studio dell’acqua, ma un’ampia parte è dedicata all’ottica e allo studio della luce da cui si passa anche alla cosmologia, discutendo per esempio l’ipotesi dell’origine della Terra per emersione delle acque del mare.

Manoscritto H (cm 10,5x8; 142 fogli) Il codice è composto da tre quaderni, redatti nel 1493-1494 e forse rilegati dopo la morte del Leoni. In questo codice, dedicato prevalentemente allo studio dell’acqua, il nome di Vigevano compare più volte. Gli appunti di nostro interesse riguardano una «mulina da Vigevine», bozzetti di raffigurazioni allegoriche pensate per il Moro e, ancora per il Moro, il progetto di un padiglione mobile in legno. Leonardo aveva fatto un preventivo per dipingere «24 storie romane» (14 lire al pezzo), per le quali compra colori azzurro e oro. Si è ipotizzato che questo ciclo pittorico fosse pensato per Vigevano, sede della corte sforzesca. Il manoscritto contiene anche una grande quantità di schizzi, progetti per la realizzazione di manufatti idraulici, ideali per la regolazione della velocità dell’acqua, e alla frazione Sforzesca è possibile vedere ancora oggi alcuni dei progetti disegnati da Leonardo: ad esempio il manufatto “tre incastri” (una struttura trapezoidale che regola l’afflusso dell’acqua della roggia ai campi coltivati), verrà descritta da Leonardo, che a proposito commenta: «nessun incastro dee esser più stretto che il suo universal canale, perché l’acqua fa retrosi e rompe l’argine», e scrive che i canali e le chiuse qui osservate «sono state per me molto istruttive». Inoltre, viene incuriosito dalla tecnica per proteggere i vitigni dal freddo, che è quella di interrare le piante e scrive: «Vigne di Vigevine a dì 20 di marzo 1494, e ‘lla vernata si sotterrano». Esamina anche il movimento dei Mulini di Vigevano e osserva: «Se una ruota mette in moto una macchina, non ne può mettere in moto due senza impegnare maggior tempo; così la medesima ruota può ben far girare un numero infinito di macchine, ma ci metterà più tempo, e quelle macchine tutte insieme non faranno più lavoro che la prima macchina in un’ora». Ancora lungo il Ticino ha modo di osservare i cercatori d’oro, e guardandoli mentre setacciano la sabbia scrive: «Perché il moto fatto dal crivello raduna di sopra e in disparte tutte le più leggiere parti, e’l simile fa la navetta, dove si pesca l’oro in Tesino, mediante il colpo, e ancora la spazzatura delli orefici che si lava?»

Codici Forster (Forster I 14.5x10 cm, Forster II 19.5x7 cm, Forster III 9x6 cm; rilegati in pergamena; conservati a Londra, presso il Victoria and Albert Museum). Raccolgono studi di geometria, pesi e macchine idrauliche elaborati da Leonardo in diversi periodi tra il 1493 e il 1505, ma in essi si leggono anche alcune brevi favole, tra cui quella dedicata all'acqua.

Codice Leicester (ex Hammer) (29x22 cm; 36 fogli rilegati in pelle; acquistato nel 1994 da Bill Gates, fa parte della sua collezione privata) Redatto tra il 1504 e il 1506, contiene in prevalenza a studi di idraulica e ai moti dell'acqua. In particolare lo studio delle scale d’acqua è ripreso e descritto ampiamente in questo manoscritto. Leonardo illustra il meccanismo per diminuire la velocità dell’acqua e quindi la potenza della sua caduta, un procedimento che egli vede direttamente nei prati della Sforzesca, presso il Mulino della Scala, tutt’ora esistente: «Adí 2 febbraio 1494 alla Sforzesca ritrassi 25 scalini di 2/3 di braccia l’uno, larga braccia 8, braccia 4 ghiara.La somma profondità dell'acqua sarà tra la percussione e i bollori d'essa resultanti». Queste scale in granito vengono anche riprodotte a sanguigna, e Leonardo si sofferma a studiarle, intuendone l’utilizzo per la regolazione della velocità dell’acqua e per le opere di bonifica: «Se la infima parte dell’argine, trasversalmente opposto al corso delle acque, sarà fatta in potenti e larghi gradi, a uso di scale, l’acque che, nell’abbassamento del lor corso, soglion perpendicolarmente cadere dal termine di tale infima sua bassezza, e discalzare i fondamenti d’esse argine, non potran piùdiscender con colpo di troppa valetudine; e lo esempro di ciò fòa me colla scala onde cadea l’acqua de’pradi della Sforzesca di Vigevine, la qual vi cadea su l’acqua corrente in 50 braccia d’altezza».

Le altre raccolte sono:

Codice Arundel (28x18 cm le carte di supporto; 283 fogli rilegati in marocchino; conservato a Londra presso la British Library), che contiene soprattutto studi di fisica, meccanica e architettura ed è databile tra il 1478 e il 1518; il Codice Trivulziano (20.5x14 cm; 55 fogli dei 62 originari; conservato presso la Biblioteca Trivulziana di Milano), databile tra il 1487e il 1490, che contiene studi di architettura militare e religiosa e ma anche riflessioni sulla lingua e la letteratura italiana; il Codice sul volo degli uccelli (21x15 cm; 17 delle 18 originali; conservato presso la Biblioteca Reale di Torino), databile al 1505; i due Codici di Madrid (21x15 cm; rispettivamente 192 e 157 fogli rilegati in marocchino rosso; conservati presso la Biblioteca Nazionale di Madrid), riscoperti solo nel 1966, e databile tra il 1490 e il 1496 il primo e tra il 1503 e il 1505 il secondo; e i Fogli di Windsor (circa 600 disegni, non rilegati e di differente formato; conservati presso il castello Reale di Windsor), che riproducono studi di anatomia e di geografia, ma anche alcune caricature, e coprono un periodo compreso tra il 1478 e il 1518. Il Codice Vaticano-Urbinate 1270 della Biblioteca Vaticana contiene il Libro di Pittura, redatto da Francesco Melzi dopo la morte del maestro, raccogliendo in un unico manoscritto scritti e pensieri sparsi, da diverse fonti manoscritte oggi andate perdute.

http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Codex_arundel.jpg#mediaviewer/Fil... ; http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/6d/Codex_trivulzianus.jpg ; http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ab/Leonardo_da_Vinci_-_C... .

Bibliografia:

E. Crispino, Leonardo. Vita d’artista, Einaudi, 2007 ; C. Pedretti, M. Cianchi, Leonardo, i codici, Giunti, 1995;

Sitografia: www.leonardocultura.com ; www.leonardoevigevano.it ; http://www.museoscienza.org/leonardo/codici/ .