Marco Milan
La vite di Archimede: funzionamento e applicazioni

Uno dei più grandi problemi pratici dell’antichità è stato quello di trovare un modo agevole per sollevare i liquidi.

Archimede di Siracusa realizzò una macchina che permettesse di effettuare con relativa semplicità questa operazione: la vite archimedea. La prima descrizione nota della vite è quella che Vitruvio presenta nel De Architectura (libro X, cap. VI); i disegni originali di Vitruvio sono andati perduti, ma sono disponibili illustrazioni dell’edizione curata da Cesare Cesariano (Gottardo da Ponte, Como, 1521), pubblicata nella Biblioteca digitale IMSS (http://www.museogalileo.it/en/explore/libraries/library.html ).

Nel corso dei secoli, la coclea è stata utilizzata con poche varianti rispetto alla macchina descritta da Vitruvio e così era anche ai tempi di Leonardo. La macchina è costituita da una grossa vite e disposta all’interno di un tubo, non necessariamente saldati a tenuta stagna. La parte inferiore del tubo è immersa in un liquido e, ponendo in rotazione la vite, ogni passo raccoglie una certa quantità di sostanza che viene sollevata lungo la spirale fino ad uscire dalla parte superiore, per essere scaricata in un bacino di accumulo.

L’energia per la rotazione può essere fornita da una maniglia, da animali, da eliche di mulini a vento o da trattori agricoli. La vite archimedea è attribuita ad Archimede sulla base delle testimonianze di Diodoro Siculo e di Ateneo. Recenti studi indicano però che essa potrebbe essere stata già inventata prima di Archimede, in quanto si pensa sia stata utilizzata per irrigare i giardini pensili di Babilonia. Archimede potrebbe aver studiato la vite durante la sua permanenza ad Alessandria d’Egitto e potrebbe aver importato in Italia uno strumento quindi già conosciuto nel paesi del Medio Oriente. Gli studi di Archimede hanno un’influenza notevole nella storia della scienza sia nell’antichità, quando si prende a modello soprattutto il rigore delle sue dimostrazioni, sia nel Rinascimento quando le sue opere, pubblicate in versioni o nel testo originale, sono oggetto di grande interesse per coloro che fondano la moderna scienza sperimentale. Galileo Galilei riprende la coclea di Archimede nell’opera Le Meccaniche: nel passo “Della coclea d’Archimede per levar l’acqua”, ne dimostra il funzionamento. “Non mi pare che in questo luogo sia da passar con silenzio l’invenzione di Archimede d’alzar l'acqua con la vite: la quale non solo è maravigliosa, ma è miracolosa; poiché troveremo, che l’acqua ascende nella vite discendendo continuamente.”

Galileo descrive come segue il funzionamento della vite.

Consideriamo la prima  figura: Si nota che intorno alla colonna MIKH (il tubo) è avvolta la linea ILOPQRSH che rappresenta il canale in cui scorre l’acqua. Se si pone l’estremità I nell’acqua, assicurandosi che la vite stia inclinata e se la si girerà intorno ai due perni TV, l’acqua scorrerà per il canale, finché uscirà dall’estremità H. Quando l’acqua passa dal punto I al punto H, progredisce sempre discendendo anche se il punto H è più in alto del punto I.

Descriveremo il triangolo ACB, da cui si genera la vite IH, in modo tale che il canale della vite sia rappresentato dalla linea AC, la cui inclinazione è data dall’angolo CAB. Se il detto angolo del triangolo ACB, sarà la terza parte o la quarta di un angolo retto, l’elevazione del canale AC sarà secondo la terza o quarta parte di un angolo retto. La pendenza del canale AC verrà annullata spostando verso il basso il punto C fino al punto B, per cui il canale AC non avrà più alcuna elevazione. Inoltre, abbassando il punto C un po’ sotto il punto B, l’acqua scorrerà naturalmente nel canale AC dal punto A verso il punto C.

Si avvolge così il triangolo intorno alla colonna (seconda figura) e si realizza la vite BAEFGHID. Se la colonna è dritta con l’estremità B nell’acqua questa non salirà verso l’estremità H, ma se inclineremo la colonna per un terzo dell’angolo retto, il movimento per il canale sarà inclinato e quindi l’acqua dal punto I al punto L si muoverà discendendo e girando la vite; le altre parti del canale si disporranno come il canale IL; quindi l’acqua via via andrà discendendo finché si troverà montata dal punto I al punto H. Da quanto descritto si capisce l’importanza dell’inclinazione della vite per assicurare il suo buon funzionamento.

Il mito rinascimentale della città ideale in Leonardo si concretizza in un disegno urbanistico che, oltre al rigore geometrico, si caratterizza per la perfetta integrazione con una rete di canali che deve servire sia per scopi commerciali sia come sistema fognario. Gli edifici sono concepiti come macchine idrauliche che, per mezzo di sistemi meccanici di sollevamento, distribuiscono l’acqua in tutte le stanze e nelle botteghe artigiane dove l’energia idraulica aziona vari tipi di macchine operatrici. Questa idea leonardesca, spinge il grande scienziato a dedicarsi allo studio della coclea archimedea; così, grazie all’integrazione di un motore idraulico con due viti di Archimede, egli riesce ad automatizzare il riempimento di un serbatoio (torre), avendo sempre a disposizione una scorta d’acqua da poter essere distribuita agli utilizzatori. Egli intuisce che la coclea non serve solo al sollevamento dell’acqua, ma produce essa stessa movimento: si tratta di una motrice idraulica, molto utile anche nelle operazioni di prosciugamento delle paludi (Codice Atlantico e Foster).

Ancora oggi la vite di Archimede viene utilizzata in diversi contesti per sollevare sostanze agli stati solido, liquido e gassoso. Inoltre la coclea idraulica può essere applicata a dislivelli di acqua, poiché sfrutta l’energia potenziale in posizione stazionaria. Nel punto più alto, l’energia potenziale dell’acqua è massima e per effetto della conseguente caduta verso il punto più basso, viene convogliata in un rotore collegato a un generatore che trasforma l’energia cinetica - data dal movimento della coclea - in energia elettrica. Il fluido entra nella coclea, e precisamente nei suoi tre o quattro scomparti, nel punto più alto, mentre un motore, avviato da un impulso elettrico, la mette in movimento. I diversi compartimenti formano singole camere in cui l’acqua entrante spinge, grazie alla forza di gravità della terra, creando un principio di rotazione. L’energia prodotta dalla rotazione dell’albero della coclea viene trasmessa, attraverso un moltiplicatore a cinghia, a un generatore; la velocità di rotazione è minima, infatti quello che vince in questa tecnologia non è la velocità, ma la forza di spinta.

Le possibilità di applicazione di tali tipi di impianto sono molteplici. Essi si prestano per lo sfruttamento degli effluenti trattati dagli impianti di depurazione, la ristrutturazione di centrali a turbina di dimensioni ridotte, di ex dighe di irrigazione e di vecchi mulini a ruota. In campo alimentare, si usa nei canali aperti colmi d’acqua per il trasporto di frutta e verdura. Infatti la vite permette ai prodotti di “annullare” il loro peso grazie alla spinta di Archimede, così che la coclea provvede a mettere in movimento il prodotto in modo delicato, senza comprometterne l’integrità.

Nel caso di farine, cereali, granaglie, caffè, zucchero e granulari in genere, la coclea svolge non solo la funzione di trasporto, ma anche quella di dosatore del prodotto. Se invece si utilizzano coclee di grandissime dimensioni a cielo aperto, è possibile innalzare il livello dei bacini artificiali. Nel caso dei gas, le coclee possono essere usate al fine di generare dei flussi a pressione variabile, con lo scopo di realizzare dei compressori assiali.