Andrea Consuma
Il sistema idroviario lombardo e i contributi leonardeschi

In Lombardia, per ragioni idrografiche, esiste fin dall’antichità un’avanzata pratica di canalizzazione: si contavano già diverse opere idrauliche a scopo di irrigazione e di navigazione a partire dal XII secolo, periodo in cui iniziarono i lavori di derivazione del Ticino e dell’Adda, di prolungamento della derivazione del Ticino fino a Milano con il Canale di Pavia e di sistemazione del Po. Il sistema idroviario del Ducato lombardo, dotato di porticcioli e di depositi di materiali chiamati sciostre, consente a Milano di ricevere, con minor spesa, pietre, ferro e soprattutto legname. Le barche dovevano essere solide per poter trasportare il prezioso marmo di Candoglia usato per il Duomo, che dal Lago Maggiore veniva trasportato via acqua fino al Laghetto di Santo Stefano.

Nel 1439 il duca Filippo Maria Visconti ordinò a Filippo degli Organi e a Fioravanti da Bologna, entrambi ingegneri della Fabbrica del Duomo, di rendere navigabile la fossa della città. Nello stesso anno venne sostituito il tratto del canale che congiungeva il Laghetto Vecchio di Sant’Eustorgio con il Laghetto Nuovo di Santo Stefano. Lungo questo canale si costruì un sistema per superare il dislivello del terreno lungo le due vie d’acqua.

Leonardo, in qualità d’ingegnere ducale, deve applicarsi al fondamentale problema delle acque, dalla cui regolamentazione dipende non solo l’agricoltura, ma anche la possibilità di muovere macchine e mulini. Dall’attenta osservazione dello scorrere dei fiumi, egli ricava considerazioni sul movimento, sull’erosione, sullo scorrimento in superficie e in profondità; i risultati di tali esperienze, spesso confermati dall’ausilio di modellini di canali in legno o vetro, vengono applicati ai problemi pratici della canalizzazione. La fitta rete di canali e conche fornisce energia alle numerose ruote idrauliche che, che già dal XV secolo, contribuiscono a rendere il sistema produttivo milanese uno dei più sviluppati in Europa.

Proprio in questo contesto di grandi applicazioni dell’idraulica, si collocano i perfezionamenti di Leonardo: egli si applica con continuità e originalità allo studio delle acque; molti disegni ed osservazioni sull’argomento si trovano nei suoi codici, tanto che l’idea di sistemare questa lunga esperienza in un trattato omogeneo lo affascina fin dai primi risultati, senza però un felice esito.

Luca Beltrami attribuisce a Leonardo non solo l’invenzione delle conche (Cod. Atlantico, f. 656 r. a e f. 935 r.), ma anche gran parte dei lavori della Martesana e di San Marco. La parola conca, impiegata sin dal 1443 insieme alla parola incastro, accenna a una disposizione nuova e diversa da quella a saracinesca, già in uso nel secolo precedente. L’arte di costruire canali navigabili sarebbe poco progredita nei secoli se non fosse intervenuta l’invenzione della conca: si tratta di un organismo che consente la regolazione della pendenza dei canali e la loro migliore navigabilità, vincendo con salti in località opportune i forti dislivelli del terreno; in questo modo si trasforma un canale a pendenza continua, utile a condurre acque di irrigazione, in un canale a gradinata; ogni gradino è una conca, cioè un bacino di limitate dimensioni, compreso fra due chiuse mobili successive, in cui è possibile far salire e scendere il livello delle acque e con esse i galleggianti che vi si trovano.

Lo studio dei manufatti dei Navigli, la resistenza delle loro sponde e l’analisi delle conche risalgono proprio ai primi anni di permanenza di Leonardo a Milano e muovono i primi passi con le visite a Pavia e al Naviglio di Bereguardo, derivato dal Naviglio Grande ad Abbiategrasso: innanzi tutto egli elabora alcuni miglioramenti, come il disegno dei gradoni e l’inserimento di un portello inferiore, incluso nelle porte ad angolo. Il sistema di apertura del portello e dei portoni avveniva da terra ed è descritto in dettaglio nelle note ai suoi disegni. “Bisogna legare i Navili che non abbiano cagione di correre innanzi verso il loco basso, dove cade l’acqua del Portello, che giungendo là l’acqua, che cade d’esso Portello infra l’altra acqua poi cadrebbe nella barca e subito la empirebbe e sommergerebbe.”

Un perno decentrato di sua ideazione garantisce un’apertura graduale sotto la spinta dell’acqua. Il portello viene azionato da un chiavistello manovrabile dall’alto, permettendo una migliore regolazione della pressione che l’acqua esercita sulle porte delle chiuse, azionate di continuo durante il passaggio delle imbarcazioni.

Molti interventi leonardeschi sono poi legati alla Fabbrica del Duomo: il già citato frequente trasporto di materiali rese sempre più necessarie le opere, utili ad accelerare la navigazione; per questo, con diverse modalità, si costruirono trentanove conche dei Navigli di Milano: quattordici per Pavia; cinque per la Fossa Interna, una per il Martesana, sette per il Naviglio di Paderno e dodici per il Naviglio di Bereguardo.

Giovanni Fumagalli, nel Tomo II delle sue “Antichità Lombarde”, identifica tre innovazioni vinciane: l’aver fatto i portoni, la disposizione ad angolo di quest’ultimi e gli sportelli aperti per il deflusso dell’acqua. Riguardo all’ultimo perfezionamento, i documenti fanno risalire la presenza di questo elemento alla prima metà del secolo. Leon Battista Alberti, nel suo trattato “De re edificatoria” pubblicato nel 1452, descrive esattamente “il sistema dello sportello, del perno verticale e della lieve differenza delle due ali”. Lo sportello quindi non può essere considerato invenzione di Leonardo come sosteneva Fumagalli. Nel Codice Atlantico, si trovano disegni di chiuse, di porte angolari e a saracinesca, sulle quali Leonardo probabilmente attua dei perfezionamenti; ad esempio nel disegno 333 del Codice Atlantico, la notevole differenza nella lunghezza delle ali dello sportello, contraria al principio che aveva descritto Alberti, fa supporre che il disegno sia uno dei vari tentativi fatti dal Vinci per migliorare quelle disposizioni che egli aveva già trovato applicate nelle conche.

Leonardo disegna e progetta inoltre macchine utensili che sfruttano l’energia dell’acqua. Utilizza le sue conoscenze sulla meccanica per produrre movimenti sempre più complessi e automatizzati. Nei suoi disegni osserva e descrive marchingegni per il sollevamento dell’acqua, come la coclea o vite di Archimede (Cod. Atlantico, f. 263 r.), proponendo altresì miglioramenti significativi. Queste opere effettivamente realizzate e ufficialmente progettate, non eguagliano in numero quelle solo pensate o abbozzate nei suoi appunti.

Uno dei principali lavori rimane senza dubbio quello relativo al Naviglio della Martesana, la cui costruzione fu ordinata nel 1457 dal duca Francesco Sforza; si tratta di un canale sul fronte est del Ducato (le cui porte delle conche di navigazione vengono definite “vinciane”), in posizione simmetrica al Naviglio Grande, costruito per condurre a Milano le acque dell’Adda.

Leonardo non si limita solo a indicare la nuova connessione tra il Naviglio della Martesana e il fossato di Milano nella pianta della città, ma sottolinea anche la necessità del prolungamento del Naviglio fino alla cerchia; suggerisce di realizzare l’opera ricorrendo al finanziamento privato e alla sua successiva cessione al Ducato. Nello stesso periodo, progettò un sistema per collegare via acqua Milano al Lago di Como, sfruttando il corso dell'Adda.

Lo scienziato si occupa successivamente dello studio di ponti mobili sui corsi d’acqua, per consentire la navigazione o connettere e isolare palazzi, borghi e città. Come spiega nella sua lettera di presentazione a Ludovico il Moro, questi ponti hanno spesso funzioni militari: vengono progettati per essere costruiti velocemente utilizzando materiali di fortuna, come assi e barche. Tra le diverse soluzioni proposte, la più creativa è quella del ponte retrattile studiato per la residenza di Charles d’Amboise, al fine garantire la massima sicurezza e una più facile movimentazione sul canale. È una versione moderna del ponte levatoio.