Olga Cavallazzi
La città ideale

Leonardo voleva una città comoda e spaziosa, ben ordinata non solo nelle strade, ma anche nelle sistemazioni architettoniche: alte mura, torri e merli d'ogni necessaria e piacevole bellezza, con "la sublimità e magnificenza de' sacrati templi". La città ideale doveva essere moderna, borghese, e razionale. Necessaria era la costruzione su più piani, ognuno indipendente dall'altro, ma tra loro comunicanti mediante scalinate. Mentre nel piano alto nobiltà e borghesia agiata potevano passeggiare indisturbate tra palazzi, strade e luoghi adeguati al loro vivere, al piano basso invece si concentravano i servizi e le varie attività, i commerci, il passaggio per carri e bestie, le botteghe artigiane, il lavoro degli operai. Sotto questi due piani si trovavano i canali navigabili, regolati da chiuse e conche che avrebbero dovuto facilitare la navigazione interna e il trasporto delle merci.

La vera originalità del progetto non stava in questo, ma in altri due aspetti: nella fusione di architettura, meccanica e idraulica; nell'idea che la bellezza della città doveva essere sinonimo di funzionalità, frutto dell'apporto delle scienze matematiche e meccaniche.

Egli anticipò i tempi con l’idea di costruire gli edifici a torre, sfruttando al massimo gli spazi interni e disponendo le rampe di scale all'esterno, fornendo a ciascun piano un accesso separato. Infatti strutture di questo tipo sono state costruite solo negli anni '20 e '30 del nostro secolo, con la nascita del movimento moderno.

Il tema della città ideale affascinò anche Leonardo che cominciò ad occuparsene a Milano sul finire degli anni '80 del Quattrocento. Fra i miti tipicamente rinascimentali, vi era quello della città ideale. Si tratta di una città perfetta, ordinata e razionale, dalla pianta rigorosamente geometrica e dalla precisione architettonica. Una città teorica, che ritornava frequentemente nei trattatisti dell'epoca come Leon Battista Alberti, Filarete e Francesco di Giorgio Martini. Concepita per manifestare visivamente la potenza del signore, la città ideale stentava tuttavia a tradursi in realtà: i costi imponenti e la lunghezza dei tempi di realizzazione resero la costruzione di insediamenti ex-novo un fenomeno estremamente sporadico, facendo preferire interventi settoriali sul tessuto urbano preesistente, limitati alla risistemazione dei quartieri attorno al palazzo del principe.

A differenza dei trattatisti contemporanei, però, Leonardo ricercò un'organizzazione dello spazio non tanto geometrico quanto funzionale, in modo da dar soluzione ai diversi problemi della vita quotidiana: dal traffico, agli approvvigionamenti, alle esigenze igienico-sanitarie. Infatti le città della fine del Medioevo avevano una struttura favorevole al propagarsi dei contagi e delle malattie: vie strette e tortuose, alta densità abitativa, specie nei quartieri più poveri, scarichi fognari a cielo aperto, igiene personale assai precaria, grande diffusione di topi e parassiti.

Per risolvere questo problema Leonardo propose un tessuto urbano molto più aperto, caratterizzato da strade ampie e rettilinee e da una presenza capillare di corsi d'acqua. La città doveva sorgere infatti in prossimità di un fiume dal corso abbastanza veloce da non creare ristagni che avrebbero potuto inquinare l'aria. Attraverso chiuse e conche l'acqua del fiume sarebbe stata convogliata nell'abitato, come anticipato prima, mediante una rete di canali, grazie ai quali fu possibile provvedere innanzitutto alla pulizia e al deflusso dei liquami, per i quali venne studiato un vero e proprio sistema fognario sviluppato a livello sotterraneo. I canali assunsero anche altre importanti funzioni come quella di garantire le comunicazioni e di agevolare gli approvvigionamenti. Il traffico merci sarebbe avvenuto, per via idrica, in modo tale da consentire lo scarico delle derrate perfino all'interno dei singoli palazzi, muniti di magazzini seminterrati, cui si accede direttamente dal canale esterno mediante una piccola darsena. La rete dei canali doveva essere integrata in un sistema viario rigorosamente organizzato, che avrebbe compreso strade destinate al traffico veicolare e popolare. Non doveva mancare l’eleganza nelle architetture, le strade porticate, i palazzi adorni di attici e terrazzi.

Come ingegnere ducale invece Leonardo affrontò il problema della regolamentazione delle acque nelle campagne del Ticino. All’interno del manoscritto H, compare un’osservazione che permette di datare con certezza uno dei suoi passaggi: “Adì 2 di febraio 1494 alla Sforzesca ritrassi scalini 25 di 2/3 di braccio l’uno largo braccia 8”.

La scala d’acqua, tuttora esistente nei prati della Villa Sforzesca di Vigevano, è testimonianza incontestabile del suo interesse verso le introduzioni idrauliche ed irrigue che, durante la signoria del Moro, hanno caratterizzato questa terra in grande evoluzione e fermento creativo. La presenza di Leonardo rappresenta per noi un elemento ideale di raccordo tra un passato autorevole e un presente in pieno cambiamento che sceglie di fare della cultura e delle nuove tecnologie il proprio futuro.

A Vigevano si possono trovare diverse testimonianze dell'eredità culturale di Ludovico Sforza e Leonardo da Vinci:

nel Castello Sforzesco, con le Scuderie Ducali, la strada coperta e quella sopraelevata;

nella Piazza Ducale che ricorda i disegni di Leonardo sulla città ideale;

nel Museo Internazionale della Calzatura P. Bertolini, dove è conservata una scarpina attribuita a Beatrice d'Este;

nel Museo del Tesoro del Duomo, dove sono conservati preziosi arazzi dell'epoca sforzesca prodotti a Bruxelles intorno al 1520, ed inclusi nella donazione di Francesco II Sforza;

nel Mulino di Mora Bassa, la dimora quattrocentesca, luogo degli incontri tra Ludovico il Moro e Cecilia Gallerani (la Dama con l'Ermellino), che ospita oggi una mostra permanente sulle macchine di Leonardo;

presso la Villa Sforzesca e il Colombarone. La Villa, situata alle porte di Vigevano, ospitava l'azienda agricola degli Sforza. Lì Leonardo effettuò i primi studi delle scale d'acqua, successivamente impiegate per irrigazioni e bonifiche.

Dopo Filarete che progettò Sforzinda, una città ideale in onore di Francesco Sforza, anche Leonardo fu affascinato dall'idea di pianificare una città come un organismo formalmente compiuto. Le vie d'acqua sono importanti quanto le strade ma a volere che questa cosa abbia effetto è necessario eleggere sito accomodato come porsi vicino ad un fiume il quale ti dia i canali. Il problema di Milano era la mancanza di un grande fiume con portata costante come il Ticino. Leonardo lo indicò nei suoi progetti, pensando forse a un ruolo nuovo per Vigevano, città cara a Ludovico il Moro.

Fonti: https://www.youtube.com/watch?v=uftPHiyGDZc ; https://www.youtube.com/watch?v=mbVjZhgMHu4 ; https://www.youtube.com/watch?v=QCboAaOTGwM