Gli Scacchi

  • Numero 879, Anno 68 de L’Italia Scacchistica, aprile 1978 Numero 879, Anno 68 della rivista L’Italia Scacchistica, aprile 1978
  • L. Miliani, Il giuoco degli scacchi (Hoepli, 1922) L. Miliani, Il giuoco degli scacchi (Hoepli, 1922)
  • V. Vukovic, The chess sacrifice (Bell and Sons, 1968) V. Vukovic, The chess sacrifice (Bell and Sons, 1968)
  • E. Canal, Strategie di avamposti (Messaggerie Scacchistiche, 1992) E. Canal, Strategie di avamposti (Messaggerie Scacchistiche, 1992)
  • A. Koblenz, La carriera di Mikhail Tal (Ed. Italia Scacchistica, 1969) A. Koblenz, La carriera di Mikhail Tal (Ed. Italia Scacchistica, 1969)
  • W. Festini, Psicologia degli scacchi (Rusconi, 1998) W. Festini, Psicologia degli scacchi (Rusconi, 1998)

Un gioco, una passione che accompagnano lo scrittore di volume in volume. Una chiave di lettura per rileggere i suoi romanzi da un altro punto di vista.

Un passatempo, uno sport, un gioco maledettamente serio, questo sono stati gli scacchi per Giuseppe Pontiggia. Un gioco imparato da bambino, quando sognava di diventare un vero campione. Poi la sua strada è stata un’altra, ma la passione è rimasta.

Una passione che riscontriamo nella sua biblioteca ricca di volumi sul tema, libri su avanzate tecniche di gioco e analisi psicologiche, testi che raccontano le carriere dei campioni e descrivono le partite memorabili. Oltre all’abbonamento alla rivista L’Italia scacchistica, di cui conserva molte annate.

Una passione che lo ha portato ad essere spettatore assiduo del Grande Torneo di Milano e a riempire i suoi scritti di riferimenti a quel gioco tanto amato. Gli scacchi riecheggiano infatti nelle parole del clerc dell’Arte della fuga e nelle attività del professore del Giocatore invisibile, che prima incontra un collega nel circolo scacchistico e poi compra «una scacchiera gigante di palissandro».

Ma è in alcuni saggi e prefazioni che Pontiggia dá il meglio di sé, descrivendo l’atmosfera della società scacchistica milanese, evocando i rituali e i personaggi che la frequentavano, citando i grandi campioni e gli effetti psicologici delle strategie di sacrificio.

Un amore profondo verso un gioco troppo serio per essere solo uno svago, un gioco che «pur conservando del gioco la sorpresa, è quasi riuscito ad eliderne la casualità». E non deve stupire che il tema degli scacchi ritorni in forma metaforica qua e là a rappresentare la condizione dell’uomo e della società, perché gli scacchi stessi sono la metafora della vita. Perché lo scacchistica sulla scacchiera come l’uomo nella vita quotidiana, vogliono la stessa cosa: limitare la casualità per decidere in prima persona il proprio gioco e la propria esistenza.