Romanzi
«Non era in realtà un romanziere nato, era un romanziere costruito … Un romanziere per volontà» che con infinite riscritture riusciva ad arrivare al risultato che oggi apprezziamo.
È questo il metodo di Giuseppe Pontiggia, scrittore che correggeva, cancellava, riscriveva continuamente i suoi romanzi, dando alla pubblicazione testi anche molto diversi da un’edizione all’altra. Varianti a volte minime e insignificanti, ma in altri casi decisive.
Fa i suoi esordi nel 1959 con l’autobiografico La morte in banca, prima di lanciarsi nell’acceso sperimentalismo dell’Arte della fuga (1969). Flop che lo spinge a cambiare stile, approdando ad un linguaggio nuovo con cui d´ vita ad un trittico di gialli senza soluzione come Il giocatore invisibile (1978), Il raggio d’ombra (1983) e La grande sera (1989). Gialli fuori dagli schemi in cui non ci sono né veri detective né veri casi, seppur sia forte la presenza di quell’atmosfera pesante tipica dei noir.
Ma è successivamente che il talento letterario di Pontiggia trova l’applauso di un pubblico piú vasto, prima con Vite di uomini non illustri (1993) ed infine con il successo che l’ha consacrato sull’altare della letteratura: quel Nati due volte (2000) che ha commosso milioni di lettori.