Nati due volte
«Un romanzo paradossale, anzi il paradosso è che sia un romanzo». Il tema della disabilità trattato con leggerezza e consapevolezza. Un libro shock che ha commosso milioni di lettori.
«Noi continuiamo a pensare alla disabilità come un fulmine a ciel sereno. Senza accorgerci che il cielo non è affatto sereno, e che il dramma si abbatte su un mondo già squilibrato». Questo è il senso profondo di Nati due volte , romanzo che ha conquistato milioni di lettori e regalato a Pontiggia doppio successo di critica e pubblico.
L’opera è ispirata all’esperienza autobiografica dell’autore, ma si tratta pur sempre di un romanzo con la sua parte di invenzione che coinvolge scene e personaggi. È il racconto in prima persona di un uomo il cui figlio Paolo nasce gravemente spastico. Attraversiamo con lui le tappe fondamentali della vita del figlio arrivando alla rinascita interiore del padre, in grado alla fine di accettare la disabilità.
Pontiggia affronta qui il problema a viso aperto, creando uno shock nella società e nella cultura della perfezione. È un libro che recupera la dimensione civile della letteratura, lanciando un profondo messaggio morale. Una difesa della vita contro il mito dell’atletismo. Un elogio scandaloso della debolezza, di uno spirito di adattamento che permette a Paolo di sopravvivere e crescere.
Parte cosí da un intimismo famigliare per aprirsi verso un orizzonte sociale piú ampio, criticando istituzioni scolastiche e sanitarie e sottolineando l’impreparazione dell’intera società. È infatti un problema che riguarda tutti, in quanto in un mondo dominato da efficientismo e superamento del limite «la disabilità è proprio l’accettazione attiva e non rassegnata di quel limite».
La materia trattata è sofferta ma Pontiggia non perde mai la sua ammirevole leggerezza e castità di linguaggio. Il pathos è molto forte ma riesce sapientemente a controllare e compensare le emozioni sollevate dal racconto, evitando ogni eccesso.
Un libro spiazzante e controverso, dunque. «Un romanzo che avrebbe molto da insegnare a tutti», aperto da una dedica che colpisce e lascia il segno:
«ai disabili che lottano non per diventare normali ma se stessi»