La grande sera
Un uomo scompare ed amici e parenti cercano indizi per ritrovarlo. La ricerca non approderà a nulla, mettendo in risalto, attraverso incisivi ritratti, i vizi e i difetti della società.
Un innominato finanziere scompare nel nulla, senza lasciare traccia. Inizia cosí alla ricerca dello scomparso, La grande sera, ma ben presto ci si accorge che l’intera indagine gira a vuoto, senza avanzare mai in direzione della verità. Non si sa infatti nulla della vita interiore dello scomparso e neppure il motivo di tale scomparsa. Solo qualche congettura ci porta a pensare che fosse stanco della vita e sognasse un altrove per ricominciare da capo.
Il romanzo racconta una vicenda immobile e senza sviluppi che deve tutta la sua forza ad una serie di nitidi ed ironici ritratti di parenti, amici e conoscenti impegnati nella ricerca. Si susseguono cosí capitoli in cui il fuoco della narrazione si sposta dal flusso centrale per concentrarsi su una vera e propria galleria di scene che hanno la compiutezza di racconti satirici.
Pontiggia presta a questo romanzo un linguaggio saggistico, ricco di massime e aforismi, ossimori e paradossi. Il risultato è una certa discontinuità e un’eccesiva invadenza del narratore che prende il centro della scena con una sentenziosità moralistica e battute icastiche che riempiono dialoghi e descrizioni.
L’edizione 1989, nonostante le modifiche in itinere di titolo, indice e paratesto, fa discutere e crea contrasti tra chi apprezza il libro e lo premia e chi invece ne sottolinea difetti e carenze. Pontiggia stesso se ne avvede e nel 1995 pubblica un’edizione rivisitata, dal testo «profondamente modificato». Sono diverse e ampie le correzioni apportate, a partire dall’eliminazione di indugi moralistici e battute troppo sentenziose fino all’attenuazione degli ossimori e opposizioni piú nette. Tutto ciò per un risultato di maggior naturalezza e intensità di dialoghi e narrato, un romanzo «piú rapido, sfumato, ambiguo, ironico».