Storia della biblioteca
Milano-Mendrisio andata e ritorno. Una biblioteca che passa dalla famiglia Pontiggia al finanziere Mettel, prima di approdare definitivamente alla Beic.
Il giovane Pontiggia entra ben presto in contatto con i libri, quelli raccolti nella biblioteca del padre: "migliaia e migliaia di volumi chiusi nelle bacheche, irraggiungibili per Pontiggia bambino". Ma quando il padre muore, le difficoltà economiche costringono la famiglia a vendere la biblioteca, conservandone soltanto il cuore, alcune centinaia di volumi che saranno poi divisi tra Giuseppe e il fratello.
Sono proprio quei volumi (circa 400) il nucleo da cui parte la biblioteca di un Pontiggia ormai maturo. Biblioteca che cresce di anno in anno, partendo dal riacquisto di quelle stesse edizioni che erano in possesso del padre ed ampliandosi poi a dismisura. Riempie cosí interamente l’appartamento di via Farneti e si espande nell’appartamento sottostante, arrivando poi ad occupare persino la cantina e la portineria dello stabile.
Una biblioteca di grande valore culturale, 35 mila volumi che dopo la morte dello scrittore finiscono nel mirino di molti. Già nel gennaio del 2004, infatti, viene valutata dagli esperti di Sotheby’s e nel luglio dello stesso anno viene acquisita dal finanziere svizzero Paolo Andrea Mettel. L’accordo stipulato con la vedova comprendeva un vitalizio per la famiglia, in particolare per il figlio Andrea, e la creazione di una Fondazione Centro Studi Giuseppe Pontiggia per mantenere vivo il ricordo del Peppo con pubblicazioni e convegni.
É cosí che tutta la biblioteca (1200 casse) finisce in Svizzera, depositata nel rifugio antiatomico delle scuole Canavée di Mendrisio. Ma l’accordo, dopo due anni, non era ancora stato rispettato.
Nel 2006 c’è cosí spazio per l’intervento della Beic che acquisisce il materiale per circa 1,5 milioni di euro, interrompendone l’esilio. Materiale che viene dunque riportato in Italia, al Castello Sforzesco di Vigevano, sede distaccata della Braidense, dove tuttora si trova.