Humanitates

La medicina: una prospettiva umanistica


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    Anton F. Doni

    I Mondi del Doni, Venezia, 1552.

La medicina, fin dalle origini, è stata non solo una scienza naturale, ma anche un'arte e una scienza umana, infatti il suo progresso è sempre stato legato sia al progresso scientifico, sia ai cambiamenti culturali.
Nell’antica Grecia per esempio i concetti di salute e malattia si spiegavano in termini cosmologici e antropologici, in stretta relazione con la natura. Infatti nell'antichità la filosofia e la medicina si influenzarono a vicenda, e salute e malattia erano nozioni che includevano sempre spiegazioni filosofiche: i filosofi presocratici, che in quel periodo ricoprivano anche il ruolo di medici, svilupparono un modello universale di salute, le cui linee generali si possono ritrovare nei testi medici di IppocrateIppocrate (460 a.C. circa- 370 a.C. circa), maestro di medicina in Atene e in Tessaglia fu ritenuto non solo il più grande medico dei suoi tempi dai suoi contemporanei, ma è anche considerato il fondatore della medicina scientifica., per quanto si consideri Ippocrate colui che separò la medicina dalla filosofia.

Successivamente, il Medioevo cristiano interpretò la salute e la malattia in una prospettiva teologica, ed esse venivano spesso descritte come risultato di un intervento divino, mentre la sofferenza veniva vista come espressione di un processo salvifico, anche se la terapia medica era sempre ben accetta.

Secoli più avanti, durante il Rinascimento, venne favorito un approccio mistico ai problemi naturali, allora caratterizzati da una forte insistenza sull’astrologia: si credeva infatti che l’unità armonica conferita da Dio alla natura avrebbe dovuto porre in equilibrio tutti gli elementi del creato, armonia che veniva ricercata dagli studiosi nell’uomo, negli animali, nelle piante e nei minerali, nel tentativo di trovare un punto di contatto con il mondo celeste e scoprirne la chiave di lettura.
Proprio per la possibilità di appropriarsi di conoscenze divine, in questo periodo, gli scienziati vennero equiparati a maghi e grande fu la diffusione di libri riguardanti la magia naturale, l’alchimia e l’astrologia.
A questo periodo risalgono anche le enciclopedie dei prodigi, quali eventi atmosferici straordinari e nascite mostruose di uomini e animali. Questa cultura era riconosciuta dai ceti popolari come dai ceti colti e le opere appartenenti a questo genere evolvettero lentamente verso un linguaggio medico.
Nel Rinascimento si venne affermando anche l'osservazione empirica, la spiegazione causale e la terapia razionale, divenute col tempo elementi portanti della pratica medica, comportando la separazione fondamentale delle scienze e delle arti in medicina.

Con il tempo la medicina ha dimenticato i contributi delle arti, della letteratura e della teologia e il paziente è divenuto sempre più un oggetto e ne è stata messa da parte la personalità, senza però tralasciare le circostanze individuali e sociali in cui si vengono a creare le condizioni di salute e di malattia. La filosofia ha invece continuato a recare contributi, soprattutto in determinate aree della medicina, come la psichiatria e la psicologia.

Nella medicina moderna la storia del paziente è considerata importante tanto quanto la storia della malattia, infatti nel 1947 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato questa definizione di salute:«uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto la assenza di malattia o di invalidità».
In questa prospettiva possiamo parlare di Medical humanities, termine moderno per indicare la medicina come una unità di scienze naturali e di scienze umane.