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L’Acerba è un poema allegorico didascalico, una summa del sapere scientifico medievale in lingua volgare. Alla base delle convinzioni di Cecco, oltre al pensiero filosofico scientifico di Aristotele e di Tommaso d’Aquino c’è infatti la conoscenza dei filosofi arabi, all’epoca dominanti, e una nutrita frequentazione delle scienze occulte. Nonostante la scarsa originalità, la fortuna di quest’opera continuò anche nel Cinquecento (14 edizioni dal 1501 al 1550). Contemporaneamente, infatti, la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio aveva ormai preso il posto di bestiari e lapidari, Tolomeo aveva fatto conoscere una nuova visione del mondo e la riscoperta della scienza greca aveva propiziato la nascita del pensiero copernicano. L’Acerba costituisce quindi un esempio della diffusa persistenza della cultura medievale, laddove i confini tra scienza e magia appaiono assai labili: accanto a questioni relative all’ordine dei cieli e della terra o alla natura dei fenomeni atmosferici, troviamo invettive contro il potere malvagio delle donne, profezie e descrizioni di pratiche magiche.

La tavola dei contenuti del primo e secondo libro dell’opera: Cecco d’Ascoli, Acerba, Venezia, Filippo di Pietro, 1476, carta [*]1r