Federico Turrisi
Il convento di S.Marco (parte terza)
Al primo piano si trovano le celle, dove dormivano i monaci, e la biblioteca. Michelozzo creò ampie superfici parietali lisce alla cui decorazione lavorò l'Angelico insieme ai suoi collaboratori dal 1438 al 1447. Gli interventi procedettero organicamente e compresero, nel complesso, gli spazi collettivi e quelli privati di ciascuna cella. Ispiratore di tale scelta fu probabilmente Antonino Pierozzi, priore del convento dal 1439 al 1444 e successivamente vescovo di Firenze. Egli considerava la pittura uno straordinario mezzo educativo e di catechesi, che poteva aiutare enormemente la meditazione dei frati. Si è discusso a lungo circa l'autografia dell'Angelico per un complesso di decorazioni di così ampia portata (43 affreschi rappresentanti episodi della storia di Cristo nelle celle e 3 nel corridoio del primo piano), realizzato in tempi relativamente brevi. Se i contemporanei attribuivano tutti gli affreschi all'Angelico, oggi, per un mero calcolo pratico del tempo necessario a un individuo per portare a termine un'opera del genere e per studi stilistici che evidenziano tre o quattro mani diverse, si tende ad attribuire all'Angelico l'intera sovrintendenza della decorazione ma l'autografia di solo un ristretto numero di affreschi, mentre gli altri vennero dipinti in base a una sua bozza o nel suo stile da allievi, tra cui Benozzo Gozzoli. Gli affreschi delle celle del convento di San Marco non sono solamente una pietra miliare dell'arte rinascimentale, ma sono anche i più celebri e apprezzati del Beato Angelico. Essi segnarono una nuova fase dell'arte dell'Angelico, caratterizzata da un'assoluta armonia e semplicità nelle composizioni e da un rigore formale mai usati prima, frutto della raggiunta maturità espressiva dell'artista. Gli episodi sono rappresentati con uno stile sobrio, come si conveniva ad un ambiente monastico; essi non sono particolarmente drammatici e utilizzano una semplice simbologia, poiché il loro scopo era essenzialmente quello di fornire ai frati temi sui quali meditare.
La prima opera che si incontra salendo le scale dal piano terra è l'Annunciazione, uno degli affreschi più famosi dell'Angelico, considerato il suo maggiore capolavoro. L'episodio è ambientato in una loggia vista in prospettiva e completamente intonacata di bianco. Non vi sono arredi, ad eccezione di un semplice sgabello; la Vergine è una fanciulla vestita da un abito modesto e l'angelo ostenta due belle ali con piume di pavone, simbolo di incorruttibilità ed eternità, dipinte con i colori dell'arcobaleno. L'artista, infatti, scelse di mantenere l'antica iconografia angelica, che risale alla fine del XIII secolo. L'arcobaleno è come un ponte luminoso lanciato fra il mondo materiale e quello ultraterreno e simboleggia la presenza di Dio fra gli uomini. Per questo gli angeli hanno le ali multicolori: per testimoniare la rinnovata alleanza che Dio strinse con l'umanità dopo il Diluvio Universale. L'ambientazione, spoglia ed essenziale, e la monumentalità delle due figure conferiscono a questo affresco un'atmosfera di silenziosa spiritualità.
A sinistra dell'Annunciazione inizia il corridoio est, il primo costruito da Michelozzo per accogliere i frati domenicani. Nel 1437 erano già state edificate le prime venti celle, distribuite su due lati del corridoio, che poco dopo furono affrescate dal Beato Angelico, ognuna con una storia di Cristo. Sul lato sinistro si trovano gli affreschi ritenuti quasi totalmente autografi, mentre sul lato destro si trovano quelli in cui l'intervento dei collaboratori risulta più evidente. Passiamo ora brevemente in rassegna i principali affreschi presenti nelle celle di questo corridoio: Noli me tangere è l'affresco della prima cella ed è indiscutibilmente opera del maestro. L'episodio è tratto dal Vangelo secondo Giovanni (20,17) dove Gesù risorto rivolge questa frase alla Maddalena. Sebbene lo sfondo appaia più ricco e vario rispetto a molte altre opere dell'Angelico, anche in questo affresco domina un'intensa atmosfera spirituale e i due personaggi vengono raffigurati in tutta la loro compostezza. - La Trasfigurazione si trova nella cella 6 e fa parte anch'essa di quelle opere attribuite indiscutibilmente al maestro, sia nel disegno sia nell'esecuzione. Nell'affresco Cristo è rappresentato in piedi con le braccia aperte, nel gesto della crocefissione, e si staglia contro una grande mandorla luminosa. In basso si trovano i tre apostoli Pietro (a sinistra), Giacomo Maggiore (raffigurato di spalle, al centro) e Giovanni (a destra); ai lati sono raffigurati le teste dei profeti Mosè ed Elia, la Madonna e San Domenico. Le fisionomie dei personaggi sono dolci ma incisive, con grande cura da parte dell'artista per il panneggio dei vestiti; la collocazione spaziale è solida e ben calibrata, eccetto per le apparizioni mistiche dei due profeti che fluttuano nell'aria con ali di cherubino. Il Cristo deriso è situato nella cella 7 e anch'esso è sicuramente opera dell'Angelico. L'affresco nel complesso è caratterizzato da un'estrema semplicità compositiva e cromatica; in primo piano la Vergine e San Domenico sono assisi sul gradino di una semplice pedana, intenti a riflettere sulla scena che si svolge alle loro spalle, segnalando concretamente ai monaci di San Marco il corretto atteggiamento da assumere verso quell'episodio evangelico. -L'Incoronazione della Vergine (vd. immagine), altra opera sicuramente autografa del maestro, si trova nella cella 9. Il dato più importante di questo affresco è lo studio della luce che fa stagliare, bianco su bianco, la scena principale a cui assistono sei santi (da sinistra verso destra: Tommaso d'Aquino, Benedetto da Norcia, Domenico di Guzman, Francesco d'Assisi, Pietro Martire e Paolo di Tarso). Lo stesso nimbo di luce bianca, divina, che circonda i sedili fatti di nuvola, isola il gruppo sacro e lo carica di un silenzioso misticismo.
Bibliografia:
1. F. Cioffi, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette, A. Bianchi, M. De Pasquale, I filosofi e le idee, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2005 (vol. II);
2. G. Dorfles, S. Buganza, J. Stoppa, “Storia dell'arte”, vol. II, ed. Atlas, 2004;
3. G. Nifosì, Arte in primo piano, vol. III, Roma-Bari, Laterza