Federico Turrisi
Il convento di S.Marco (parte seconda)
Sala Capitolare: questa sala fu affrescata dall'Angelico con la Crocefissione e santi, terminata nel 1442, un vero capolavoro, durante la cui realizzazione, dice il Vasari, il pittore si commosse fino alle lacrime. L'opera presenta un'iconografia innovativa, in quanto, al posto dei personaggi consueti presenti sul monte Calvario, vengono raffigurati una serie di santi vissuti nelle epoche e nei luoghi più disparati. Lo sfondo della scena è spoglio e deserto, composto da un suolo bruno, una fascia rocciosa distinguibile a malapena e un cielo che in antico era blu, ma che la caduta del pigmento dell'azzurrite (o "blu d'Alemania") ha reso violaceo, scoprendo la preparazione rossiccia sottostante. La parte superiore della lunetta è occupata dalle sole croci di Gesù e dei ladroni, con la grande iscrizione in ebraico su quella di Cristo. Altri elementi tipici della Crocefissione dipinti sono la presenza del teschio di Adamo (figura dell'umanità perduta), alla base della Croce (come memento mori) e il gruppo dei dolenti a sinistra, con le tre pie donne e il giovane san Giovanni Evangelista. Il resto dei santi può essere diviso in due gruppi: a sinistra i protettori di Firenze e della casata dei Medici e a destra un vasto gruppo di santi fondatori di ordini religiosi. Nel dettaglio si vedono, da sinistra, i santi Cosma e Damiano (protettori di Casa Medici e in particolare di Cosimo il Vecchio), san Lorenzo (protettore di Lorenzo il Vecchio), san Marco (titolare della Chiesa) e san Giovanni Battista (protettore di Firenze); a destra sono raffigurati inginocchiati san Domenico (fondatore dei Domenicani), san Girolamo (fondatore dei Geronimiti), san Francesco (fondatore dei Francescani), san Bernardo di Chiaravalle (fondatore dei Cistercensi), san Giovanni Gualberto (fondatore dei Vallombrosani), san Pietro Martire (domenicano). Dietro a questi, in piedi, san Zanobi (vescovo di Firenze), sant'Agostino (fondatore degli Agostiniani), san Benedetto (fondatore dei Benedettini), san Romualdo (fondatore dei Camaldolesi) e san Tommaso d'Aquino (filosofo e teologo domenicano). Infine nella bordura inferiore è stata raffigurata la genealogia domenicana, con sedici papi, cardinali, vescovi, santi e beati dell'Ordine entro clipei, con al centro il fondatore. Come in molte altre opere dell'Angelico, anche nella Crocefissione domina un'atmosfera intensamente spirituale che doveva ispirare la meditazione dei frati del convento.
In questa sala è inoltre custodita la Piagnona (vd. immagine), celebre campana, situata fino al 1498 nel campanile della chiesa di San Marco, probabilmente opera della bottega di Donatello. Era così soprannominata in quanto chiamava il popolo fiorentino alle prediche di fra' Girolamo Savonarola, i cui seguaci erano detti Piagnoni, perché spesso indotti al pianto dalle sue ferventi parole. Nella notte della domenica dell'Olivo, 8 aprile 1498, il Savonarola venne arrestato nel convento, nonostante la Piagnona avesse suonato a stormo per dare l'allarme e chiedere soccorso; fra' Girolamo che era solito dire "I miei fiorentini hanno la fede come cera, che ogni caldo la strugge", ebbe ragione poiché fu abbandonato dalla maggior parte dei suoi seguaci e quindi, dopo una vana difesa durata alcune ore con pochi fedelissimi male armati, venne catturato. Rinchiuso nella torre d'Arnolfo in un locale detto l'Alberghetto, fu sottoposto a vari interrogatori, processato e condannato all'impiccagione ed al rogo. Con fra' Girolamo si volle "punire" anche la Piagnona che aveva chiamato fino all'ultimo momento i fedeli alla difesa del frate; staccata dal campanile, su ordine dell'allora gonfaloniere Jacopo Nerli, detto Tanai, fu posta su un carro trainato da somari e frustata dal boia per le vie della città, tra le ingiurie del popolo fiorentino. Fu in seguito collocata nel campanile della chiesa francescana di San Salvatore al Monte dell'osservanza di San Francesco, i cui frati erano antagonisti del Savonarola. Nel 1509 la Piagnona venne risistemata al suo posto originale e suonò fino agli inizi dell'Ottocento. Divenuta ormai antica, si decise di toglierla e sostituirla con una copia; l'originale fu collocata nella sala del Capitolo del convento di San Marco, dove è attualmente conservata.
Piccolo refettorio: In questa sala è presente uno dei più celebri affreschi di Domenico Ghirlandaio, rappresentante l'episodio dell'ultima cena. Venne commissionato all'artista intorno al 1480 dai frati domenicani di S.Marco per decorare il cosiddetto “Piccolo refettorio” dove generalmente mangiavano le persone ospitate nel convento; i monaci invece mangiavano nel “Grande refettorio”. Il Cenacolo di San Marco si caratterizza in particolar modo per la posizione di Giuda, rappresentato di spalle e isolato rispetto agli altri apostoli, per sottolineare il suo tradimento; inoltre vicino a lui si trova un gatto, simbolo negativo. Notevole è anche in questo affresco la cura dei dettagli, che conferisce ai singoli oggetti il valore di una vera e propria natura morta, riprendendo l'esempio dell'arte fiamminga. Sul tavolo si allineano bottiglie di vetro con acqua e vino, bicchieri, coppe, coltelli, pane, formaggi e vari frutti, tra cui soprattutto ciliegie, che col loro colore rosso ricordano simbolicamente il sangue della Passione.