Federico Turrisi
Il convento di S.Marco (parte prima)
Il complesso originario venne eretto per i Silvestrini, uno dei rami dell'ordine di San Benedetto prima del 1300 e svolgeva oltre alle funzioni di monastero quelle di chiesa parrocchiale. Nel 1418 i monaci, accusati di decadenza della regola monastica, vennero intimati a lasciare il complesso, ma ci volle l'intervento diretto di papa Eugenio IV perché la struttura venisse finalmente lasciata ai Domenicani Osservanti da San Domenico di Fiesole, solo nel 1437. Decisivo era stato anche l'intervento di Cosimo de' Medici, che si era manifestato desideroso di reinsediare una comunità osservante di Domenicani a Firenze. Quando i Silvestrini si spostarono nel più piccolo monastero di San Giorgio alla Costa, i Domenicani ne presero possesso, ma trovarono una struttura fatiscente, dove per circa due anni vissero in celle umide e capanne di legno. Fu così che nel 1437 Cosimo commissionò a Michelozzo, architetto di fiducia di casa Medici, la ricostruzione del convento secondo i più moderni canoni rinascimentali. Nel 1438 i lavori erano già ben avviati e la consacrazione definitiva avvenne durante la notte dell'Epifania del 1443, alla presenza di papa Eugenio IV. Cosimo investì una notevole quantità di denaro nella ricostruzione del convento, spendendo più di 40 mila fiorini, come testimonia il Vasari nelle Vite. Michelozzo vi lavorò dal 1439 al 1444. Il complesso venne progettato secondo norme di semplice ma elegantissima funzionalità, in grado di venire incontro alle esigenze dei frati: pareti intonacate di bianco, ambienti organizzati su due chiostri (di Sant'Antonino e di San Domenico), con un capitolo, due refettori e una foresteria al piano terra. Il primo piano ospitava le celle dei monaci, stanzette chiuse al di sotto di un'unica copertura del soffitto con grandi capriate. Chiostro, sala capitolare e dormitorio nord dovettero già essere terminati entro il 1440-1441. Il dormitorio meridionale, affacciato sulla piazza, venne completato nel 1442. I lavori proseguirono nelle restanti parti del convento fino al 1452.
Punto d'eccellenza era la Biblioteca al primo piano, progettata da Michelozzo per esplicita volontà di Cosimo de' Medici, la quale si apre sul lato destro del terzo corridoio dell'edificio. Concilia magistralmente una volontà di recupero del linguaggio classico, secondo l'insegnamento brunelleschiano, con le legittime esigenze pratiche e distributive. L'ambiente è infatti ampio, arioso e ben illuminato, al fine di rendere la lettura e lo studio più agevoli e rilassanti. L'aula di lettura è lunga 45 metri e presenta un doppio colonnato di snelle colonne ioniche in pietra serena che dividono la sala in tre navate, coperte ai lati da volte a crociera e al centro da una volta a botte. Attualmente l'edificio ospita un importante museo.
Antico “Ospizio dei Pellegrini”: La sala dell'Ospizio raccoglie molti dei più importanti dipinti su tavola del Beato Angelico, tra cui la Deposizione, la Pala di San Marco (della cui predella restano due pannelli, mentre altri sono sparsi nei musei di altri paesi) e il Tabernacolo dei Linaiuoli. La Deposizione, commissionata dai frati della Chiesa di Santa Trìnita presenta una strutturazione innovativa: l'Angelico in questo caso, seguendo l'esempio di Gentile da Fabriano, raffigurò un'unica scena sotto le tre arcate della cornice. I tre archi a sesto acuto scandiscono la composizione che si divide in tre parti: Cristo deposto al centro, Maria con le pie donne a sinistra e uomini con i simboli della passione a destra. I tre gruppi sono tuttavia unificati da due ideali assi obliqui: uno formato dal corpo di Gesù e dalla Maddalena, l'altro costituito da due uomini che sorreggono il Cristo e dalla figura del donatore inginocchiato. La composizione del dipinto è ampia e composta, accortamente calibrata dalle pose dei personaggi e ritmata dai toni di rosso, che segnano la veste della Maddalena, il rivolo di sangue sulla croce, i cappelli degli uomini, i tetti della città sullo sfondo. Non v'è dramma né dolore o passione in questo quadro, che si configura come una meditazione devota sul tema della morte di Cristo. La Pala di San Marco, originariamente destinata all'altare maggiore della chiesa di San Marco a Firenze, officiata dai domenicani del convento di cui faceva parte l'Angelico stesso, tra il XVIII e il XIX secolo venne sottoposta a un restauro improprio, a base di soda caustica: la pala ha perso tutte quei delicati effetti di luce e di chiaroscuro che caratterizzano la pittura dell'Angelico, consegnandoci un capolavoro imbrunito, alterato nei colori e senza le finiture. Per fortuna il trattamento non venne applicato anche alle tavole della predella, che oggi sono la migliore testimonianza dell'arte dell'Angelico su tavola. Si tratta di una pala di forma quadrata che rappresenta uno degli esempi più antichi di Sacra Conversazione, dove cioè i santi vengono raffigurati intorno alla Madonna sul trono. E proprio al centro della pala, dove convergono le linee prospettiche, si trova la Vergine col Bambino, attorniata da una schiera di angeli e santi disposti in semicerchio. Davanti alla Madonna sono raffigurati inginocchiati i santi Cosma e Damiano, in una posizione innovativa: le figure sono disposte in modo da formare le quinte architettoniche della costruzione prospettica, resa ulteriormente reale dallo scorcio del tappeto in primo piano. Per quanto riguarda le due predelle conservate al museo di San Marco (Sepoltura dei santi Cosma e Damiano e Guarigione del diacono Giustiniano), bisogna evidenziare l'interesse dell'Angelico per lo studio dei fenomeni luminosi, che raggiunge esiti di straordinaria sensibilità, non esenti da richiami al mondo fiammingo.
Il Tabernacolo dei Linaiuoli è composto da una struttura marmorea rettangolare, disegnata da Lorenzo Ghiberti, con cuspide triangolare, ove si trova una mandorla col Cristo benedicente e Angeli cherubini. Al centro, entro un 'apertura ad arco, è situata la tavola dell'Angelico, con la Maestà incorniciata da una fascia con dodici angeli musicanti. Davanti si trovano due sportelli mobili dipinti su entrambi i lati con santi a tutta figura: all'esterno, visibili quando il tabernacolo è chiuso (vd. immagine), si trovano San Marco Evangelista a sinistra e San Pietro a destra; all'interno San Giovanni Battista a sinistra e San Giovanni Evangelista a destra. La pala è completa di predella, divisa in tre pannelli con: San Pietro detta il Vangelo a san Marco, Adorazione dei Magi e Martirio di san Marco. La figura di Marco ricorre perché era il protettore della corporazione dei Linaioli. La Vergine è seduta su un trono sontuoso definito in profondità dall'aprirsi dei tendaggi dorati che conferiscono alla tavola un'atmosfera di sacralità e sospensione paragonabile a quella delle icone. I santi delle ante laterali ricordano fin nelle fisionomie le severe figure masaccesche della Cappella Brancacci; le storie della predella sono ambientate entro paesaggi urbani dipinti in prospettiva, che riprendono le strade di Firenze.