2c1. Traduzioni dal latino
Teorema I, Argomentazione I
Il tempo in cui un qualche spazio viene percorso dall'oggetto mobile con un'accelerazione costante a partire da uno stato di quiete, è uguale al tempo in cui il medesimo spazio viene percorso dal medesimo oggetto mobile dotato di moto equabile, della cui velocità il grado sia sotto il doppio fra il più grande e il più piccolo grado di velocità iniziale del moto uniformemente accelerato.
Sia rappresentato attraverso il lato AB il tempo in cui dall'oggetto mobile con un moto uniformemente accelerato a partire da uno stato di quiete in C viene percorso lo spazio CD; inoltre fra i gradi della velocità assunta negli istanti di tempo AB siano rappresentati il maggiore e il minore con EB, comunque siano indicati sopra AB; e indicata AE, tutte le linee dai singoli punti della linea AB siano condotti in modo equidistante proprio a BE, rappresenteranno i gradi crescenti della velocità dopo l'istante A. Perciò divisa BE in due parti in F, e condotte le parallele FG, AG alle rispettive BA e BF, sarà costruito il parallelogrammo AGFB, con il triangolo congruente AEB, dividendo con il suo lato GF in due parti il segmento AE in I: qualora siano estese le parallele al triangolo AEB fino ad IG, avremo un aggregato di tutte le parallele tese nel quadrilatero uguale all'aggregato di quelle comprese nel triangolo AEB; quelle che infatti sono nel triangolo IEF, sono corrispettive a quelle contenute nel triangolo GIA; Quelle invero sono contenute nel trapezio AIFB, sono comuni. Da questi le parallele condotte comprese nel triangolo AEB rappresentano i gradi crescenti di velocità assunta, invero le parallele contenute dentro il parallelogrammo rappresentano allo stesso modo i gradi della velocità non assunta, ma equabile; appare che gli attimi della velocità siano assunti altrettanto nel moto accelerato congiunte le parallele crescenti al triangolo AEB, e nel moto equabile congiunte le parallele al parallelogrammo AGFB: poiché infatti manca nel primo punto medio dei momenti del moto accelerato (mancano infatti I momenti rappresentati attraverso le parallele al triangolo AGI), si ricostruisce dai momenti rappresentati attraverso le parallele al triangolo IEF. È dunque evidente che successivi spazi uguali siano stati percorsi in eguale tempo da due corpi mobili, dei quali uno si muova a partire da uno stato di quiete secondo un moto uniformemente accelerato, invece il momento dell'altro, che si muove con moto uniforme, è la metà del suo massimo momento sotto il moto accelerato: come volevasi dimostrare.
Teorema II, Argomentazione II
Se un mobile scende, a partire da uno stato di quiete, con moto uniformemente accelerato, i tratti percorsi da esso in tempi qualsiasi stanno fra loro in duplicata proporzione di quei tempi, cioè come i quadrati di quei tempi
Si consideri che il flusso di tempo da un primo istante A sia rappresentato attraverso il segmento AB, nel quale siano considerati due qualsivoglia tempi AD, AE; e sia la linea HI, sulla quale un corpo mobile dal punto H, così come dall'inizio del moto, scenda secondo un moto uniformemente accelerato; e sia lo spazio HL inizialmente percorso nel tempo AD, HM invero sia lo spazio per il quale scenda nel tempo AE: dico che lo spazio HM stia allo spazio HL in duplicata proporzione di quanto il tempo EA stia al tempo AD; o diciamo che gli spazi MH e HL abbiano medesime proporzioni di quanto le abbiano i quadrati di EA e AD. Si ponga la linea AC, contenendo qualunque angolo con AB stessa; invero dai punti D ed E siano condotte le parallele DO ed EP: di queste DO rappresenterà il massimo grado di velocità acquisita nell'istante D del tempo AD; invero PE, il massimo grado di velocità acquisita nell'istante E del tempo AE. Poiché invero sopra è stato dimostrato, poiché ha rapporto con gli spazi percorsi, che siano uguali fra loro quelli dei quali un altro termina da un corpo mobile che parte da uno stato di quiete secondo un moto uniformemente accelerato, un altro invero poiché termina nel medesimo tempo da un corpo mobile secondo un moto rettilineo trascorso, del quale la velocità sia la metà della massima acquisita nel moto accelerato; risulta che gli spazi MH e LH sia i medesimi che nei moti rettilinei, dei quali le velocità siano quanto il mezzo di PE e OD, terminino nei tempi EA e DA. Se dunque fosse verificato che questi spazi MH e LH siano in duplicata proporzione dei tempi EA e DA, sarà verificato l'intento. Invero nella quarta proposizione del primo libro è stato dimostrato che gli spazi percorsi secondo un modo rettilineo da un mobile hanno fra loro una proporzione composta dalla proporzione delle velocità e dalla proporzione dei tempi: tuttavia questa proporzione delle velocità è la medesima con la proporzione dei tempi (che infatti ha come proporzione mezzo PE a mezzo OD, o tutto PE a tutto OD, ha questa AE ad AD): quindi la proporzione degli spazi percorsi è doppia della proporzione dei tempi: come volevasi dimostrare.
È anche evidente questo, che la medesima proporzione di spazi sia il doppio della proporzione dei massimi gradi della velocità, cioè delle linee PE, OD, stando PE a OD come EA sta a DA.
Corollario I
Di qui appare evidente che, se dal primo istante o inzio del moto avremo preso in seguito un qualsivoglia numero di tempi eguali, come ad esempio AD, DE, EF e FG, nei quali siano percorsi gli spazi HL, LM, MN e NI, questi spazi staranno tra di loro come i numeri dispari a partire dall'unità, cioè 1, 3, 5, 7: questa è infatti la proporzione tra gli eccessi dei quadrati delle linee che si eccedono egualmente e il cui eccesso è eguale alla minima di esse, o vogliamo dire tra i numeri quadrati consecutivi a partire dall'unità. Dunque, mentre i gradi di velocità aumentano in tempi eguali secondo la serie dei numeri semplici, gli spazi percorsi nei medesimi tempi acquistano incrementi secondo la serie dei numeri dispari a partire dall'unità.