Silvia Curi
Metafore barocche nella prosa galileiana

2d3. Metafore barocche nella prosa galileiana

Testo dal Saggiatore (Parafrasi)
Ho voluto intitolare la mia opera con il nome di Saggiatore, rimanendo sulla stessa metafora utilizzata dal Sarsi. Ma poiché mi è parso che, nel ponderare le affermazioni del signor Guiducci, si sia servito di una stadera un po' troppo grossa, io ho voluto servirmi di una bilancia da saggiatori, che sono cosi esatte che tirano a meno di un sessantesimo di grano; e con questa utilizzando ogni attenzione possibile, non tralasciando nessuna affermazione fatta da quello, farò una valutazione di tutte loro […]. In modo molto più veritiero egli l'avrebbe potuta intitolare L'astronomico e filosofico scorpione, costellazione chiamata dal nostro sommo poeta Dante: Figura del freddo animale / che con la coda percuote la gente e davvero non mancano punture contro di me, e molto più gravi di quelle degli scorpioni, in quanto questi, come amici dell'uomo, non feriscono se prima non vengono offesi e provocati, mentre questo morde me sebbene io non l'abbia mai molestato neppure col pensiero. Ma per mia fortuna, che so l' antidoto e il rimedio […] a tali punture. Distruggerò dunque e tormenterò lo stesso scorpione sopra le ferite, in modo che il veleno riassorbito dal proprio cadavere lasci me libero e sano.

Quale è il significato delle due metafore di gusto barocco?
Il trattato, pubblicato nel 1623 ad opera dell'Accademia dei Lincei, nacque per la necessità di rispondere allo scritto di un gesuita, Orazio Grassi, il quale sotto lo pseudonimo di Lotario Sarsi, aveva attaccato con l'opera “Libra astronomica ac philosophica”una teoria sulle comete di un discepolo di Galilei, Mario Guiducci. Galilei fa nella sua opera, un ampio uso di metafore di gusto barocco in linea con lo scopo assai diffuso nella sua epoca di ottenere la “poetica della meraviglia”. L'uso della metafora consente appunto di istituire analogie fra campi lontani tra loro, anche inconciliabili; l'acutezza dello scrittore consiste nel cercare di creare rapporti sottili e ambigui fra le cose e spiegare queste connessioni attraverso una trovata arguta. Si può dire quindi che si cerca di stimolare in questo senso il piacere intellettuale del lettore. Tuttavia la prosa di Galilei è classica e l'utilizzo di questo tipo di metafore è da ricollegare a un preciso intento polemico, come si può osservare nell'opera.
Nel testo la prima metafora riguarda lo strumento di misurazione, ossia la Libra (la stadera), che Galilei ritiene uno strumento troppo grossolano per le argomentazioni che deve sostenere, e non è quindi capace di valutarle con la precisione che richiede la scienza della natura. Galilei, al contrario, utilizza il saggiatore, bilancia di precisione con cui gli orefici pesano l'oro, e rivendica in questo modo la certezza con cui può affermare le sue teorie basata sull'osservazione e la sperimentazione. Secondo Andrea Battistini infatti, “dietro l'antitesi della “libra” e del “saggiatore” si nasconde il contrasto tra retorica e logica, o meglio ancora tra scienze umane e scienze della natura”. La seconda metafora si sposta sul significato astronomico del segno zodiacale, ironicamente Galilei afferma che il gesuita avrebbe dovuto utilizzare nel titolo la costellazione dello Scorpione invece di quella della Bilancia e cita Dante (versi 5-6, canto IX, Purgatorio): secondo la tesi di alcuni critici, nell'opera dantesca l'animale “freddo”, in quanto velenoso, sarebbe lo scorpione, il quale in tutta la tradizione medievale era anche considerato simbolo dell'inganno e della frode. Galilei allude quindi agli attacchi che gli sono stati rivolti senza motivo e alla “velenosità” dell'opera dell'avversario. Lo scienziato tuttavia non si lascia abbattere, anzi è consapevole di poter contrattaccare e difendersi da critiche prive di fondamento :“infrangerò dunque e stropiccerò l'istesso scorpione sopra le ferite”. Quest'ultima affermazione in particolare, “secondo Altieri, ha un forte potenziale ironico in quanto sarebbe la traduzione in termini barocchi del proverbio toscano “lo scorpione che mi morse m'ha da guarire col su olio”.

Bibliografia:
1. A. Battistini, Galileo e i gesuiti: miti letterari e retorica della scienza, Milano, Vita e Pensiero, 2000;
2. Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, a cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Firenze, Le Monnier, 1980