Giuditta Fullone
Archimede e il modello eliocentrico di Aristarco



“Aristarco di Samo, poi, espose per iscritto alcune ipotesi secondo le quali si ricava che il cosmo è più volte maggiore di quello [che allora si riteneva]. Suppone anche che le stelle fisse [cioè, la volta stellata] e il sole rimangano immobili, e che la terra giri, seguendo un cerchio, intorno al sole che sta nel mezzo dell'orbita. Ciò è chiaramente impossibile.”

Da Archimede, Arenario, in G. Cambiano, Filosofia e scienze nel mondo ellenistico, Loescher, Torino, 1976.

In questo testo tratto dall'Arenario, Archimede espone la teoria cosmologica di Aristarco di Samo (astronomo greco, 310 a.C. circa – 230 a.C. circa), il quale sosteneva che il cosmo fosse molto più esteso di quanto si pensasse al suo tempo e che la sfera delle stelle fisse stesse ferma, così come il sole (che si trovava al centro di essa), e che fosse la terra a girare attorno ad esso, non il contrario. Questa di Aristarco è una vera e propria teoria eliocentrica, che fu però fermamente rifiutata, nel II secolo d.C., da Tolomeo (astrologo, astronomo e geografo greco 100 d.C. circa – 175 d.C. circa), che era certo della centralità ed immobilità della Terra nell'universo. Tolomeo, infatti, fu il primo autore classico ad affrontare l'argomento astrologico con rigore e ad organizzare l'analisi delle influenze dei movimenti degli astri in pochi presupposti ben definiti, istruendo il lettore a dedurre le predizioni utilizzando leggi geometriche precise e non pratiche magiche e occulte, contro le quali si scagliò con forza. Egli affermava che il Sole è leggero e composto da materia sottile, mentre la Terra è pesante e composta da materia grossa, e che “chiaramente i corpi aerei, anche quelli che constano di parti meno sottili, compiono movimenti più veloci rispetto a tutti i corpi più terrosi”. Ammettendo anche che la Terra possa muoversi, dovrebbe farlo molto 'impetuosamente', dato che compie una rivoluzione così ampia in un lasso di tempo così breve; dunque noi vedremmo tutti gli esseri o gli oggetti non poggiati a terra andare nella direzione opposta a quella del nostro pianeta, cioè verso occidente, e non vedremmo mai nessun ente (nuvole, sassi scagliati, eccetera) andare verso oriente, perché la Terra, muovendosi più velocemente di esso, farebbe apparire la direzione del suo moto comunque orientata verso occidente. Se poi si sostenesse che l'aria gira insieme alla Terra, alla sua stessa velocità e nella sua stessa direzione, vedremmo comunque gli enti non poggiati a terra muoversi nella direzione opposta al moto di entrambe; se si affermasse invece che anche questi girano insieme alla Terra e all'aria, li vedremmo statici, fermi.

La teoria tolemaica ebbe un'immensa fortuna nei secoli successivi, le sue posizioni furono ritenute valide, e fu approvata anche dalla religione Cristiana in quanto compatibile con le Sacre Scritture (in Giosuè, cap. X si leggono le parole "Fermati, o Sole!"). La Chiesa non poteva accettare una teoria eliocentrica anche per un motivo morale-filosofico: nel sistema geocentrico la Terra è al centro del sistema solare, e quindi l'uomo, espressione del divino, essere creato a immagine e somiglianza di Dio, è al centro di tutto; decentrando la terra, si allontana dal centro anche l'uomo, il che equivale a togliergli il potere che aveva in precedenza, come se il volere, dunque l'espressione di Dio, passasse in secondo piano rispetto alla natura da lui creata; questo non poteva essere accettato.

L'ipotesi di Aristarco viene però ripresa e rielaborata nel XVI secolo da Niccolò Copernico (prete e astronomo polacco, 1473 – 1543), il quale per giustificare i fenomeni osservati ribadisce la teoria che l'astronomo greco aveva formulato riguardo alle dimensioni della volta stellata: Copernico afferma infatti che la sfera delle stelle fisse è talmente grande che la distanza tra la Terra e le stelle diventa infinitamente maggiore rispetto al raggio dell'orbita annuale terrestre; i movimenti della Terra attorno al Sole divengono così otticamente irrilevanti per quanto riguarda l'osservazione delle stelle. Se la volta stellata fosse di dimensioni ridotte, infatti, il nostro pianeta si troverebbe ad essere a volte vicinissimo a certe stelle, a volte lontanissimo dalle stesse, con differenze ottiche notevoli.

Il modello cosmologico di Aristarco di Samo viene accolto anche da Galileo Galilei e da Johannes Kepler (astronomo, matematico e musicista tedesco, 1571 –1630); quest'ultimo però ne modifica un aspetto: nel sistema kepleriano i pianeti ruotano sempre attorno al Sole (che è al centro dell'universo), ma seguendo un'orbita ellittica, e non circolare; il Sole si trova al centro di uno dei due fuochi dell'ellissi formata dall'orbita del pianeta, e questo è dovuto, secondo l'astronomo, ad una forza interna al pianeta, che ha un polo positivo e uno negativo: quando il pianeta volge verso il Sole il polo positivo, si verifica una repulsione che allontana i due astri; viceversa, quando il pianeta espone al Sole il polo negativo, ci sarà un'attrazione che li avvicina. (I legge di Kepler).

Kepler sostiene, inoltre, che i pianeti si muovono lungo la loro orbita con accelerazioni e decelerazioni, a causa di una forza cosmica interna non al pianeta, ma al Sole; questa forza è proporzionale alla vicinanza del pianeta al Sole, quindi il pianeta sarà più veloce quando si troverà in perielio (più vicino al Sole) e meno veloce quando si troverà in afelio (più lontano al Sole). (II legge di Kepler)

Come giustifica Kepler queste due teorie alla luce dell'idea platonica, che imponeva agli astri un moto circolare uniforme?
Per quanto riguarda il cambiamento della forma dell'orbita, l'ellissi è comunque una figura regolare; il problema maggiore è costituito dalla diversa velocità del moto del pianeta. Kepler distingue tra velocità lineare, che è quella del pianeta lungo l'orbita, e velocità areolare, chiamata così dall'area spazzata dal vettore del pianteta, cioè la linea che congiunge il pianeta al Sole. Kepler afferma che le aree spazzate dal vettore del pianeta sono uguali; in altre parole la velocità del pianeta, che è differente a seconda della posizione dell'astro, è però identica se intesa come velocità areolare. L'uniformità richiesta dalla dottrina di Platone, quindi, non è in questo caso quella del pianeta lungo l'orbita, bensì quella delle aree spazzate dal vettore del pianeta.

Questo concetto è ben evidenziato in questo schema (il pianeta in posizione 0T e 13T va più veloce che, ad esempio, in posizione 7T o 8T, ma l'area individuata dagli estremi 0T-Sole-13T è uguale a quella individuata da 7T-Sole-8T)

Ipotesi cosmologiche 'alternative' antiche
Gran parte del libro 'La rivoluzione copernicana' di Thomas Kuhn (1922 –1996), storico della scienza e filosofo statunitense, è un'immersione nella cosmologia degli antichi, in particolare quella aristotelica e tolemaica. Kuhn sostiene che le rappresentazioni cosmologiche soddisfano un bisogno psicologico fondamentale: “Forniscono un campo di azione alle attività quotidiane dell'uomo ed a quelle delle sue divinità. Spiegando la relazione fisica esistente fra l'ambiente naturale dell'uomo ed il resto della natura, esse completano l'universo sulla misura dell'uomo e fanno sì che l'uomo vi si senta a suo agio. L'uomo non sa vivere a lungo senza crearsi una cosmologia, perchè una cosmologia è in grado di dargli una prospettiva del mondo che informi e dia significato ad ogni sua attività pratica e spirituale.”
Kuhn, sempre nel saggio 'La rivoluzione copernicana', espone alcune teorie di astronomi e filosofi antichi che hanno ispirato il modello copernicano del cosmo. Oltre alla teoria di Aristarco, di cui si è trattato precedentemente, Kuhn prende in considerazione alcune ipotesi astronomico-filosofiche che risalgono agli studi dei greci: la prima è quella concepita da Leucippo e Democrito, del V secolo a.C., secondo i quali l'universo era un infinito spazio vuoto, formato da infiniti atomi indivisibili che si muovevano in tutte le direzioni. Questi atomi, scontrandosi casualmente, si aggregavano e formavano tanti corpi celesti, tra cui la Terra, che non poteva, dunque, occupare una posizione centrale perché l'infinito non ha centro. Visto che, come sottolinea Kuhn, ciascuna porzione di spazio è simile ad ogni altra, lo scontro casuale tra atomi ha necessariamente dato vita ad altri Soli e ad altre Terre. Sempre nel V secolo i seguaci di Pitagora formularono un'altra ipotesi: essi posizionarono le stelle su un'enorme sfera in movimento al centro della quale c'era un immenso fuoco, l'Altare di Giove, non visibile dalla Terra, e la Terra era solo uno tra tanti corpi celesti che si muovevano attorno al fuoco centrale; tra questi c'era anche il Sole.
Più tardi, nel IV secolo a.C., Eraclide di Ponto, attribuiva l'apparente moto dei cieli al movimento della Terra e non a quello della sfera delle stelle, e affermò che Mercurio e Venere si muovevano attorno al Sole mobile, e non attorno alla Terra centrale, negando così la simmetria dell'universo a due sfere.
Thomas Kuhn inserisce inoltre alcuni brani tratti dalla prefazione e da alcuni capitoli del 'De revolutionibus orbium coelestium' in cui Copernico ricorda che numerosi altri filosofi prima di lui avevano sostenuto la mobilità della Terra, come Iceta di Siracusa (V secolo a.C.), citato da Cicerone, Filolao di Crotone (V secolo a.C.) ed Ecfanto il pitagorico (IV secolo a.C.), citati da Plutarco.

Le teorie di questi filosofi costituirono per Copernico un grande stimolo intellettuale: dopo aver meditato sull'ipotesi eliocentrica, come scrive lo stesso astronomo, “mi sono assunto il compito di rileggere le opere di tutti i filosofi, che fossi in grado di avere, per cercare se qualcuno di loro avesse mai pensato che le sfere dell'universo potessero muoversi secondo moti diversi da quelli che propongono gli insegnamenti di matematica nelle scuole.” L'aver trovato numerose testimonianze che proponevano modelli del cosmo che per qualche aspetto si avvicinavano a ciò che lo meravigliava, stimolò Copernico a continuare e ad approfondire i suoi studi: “E sebbene l'idea mi sembrasse assurda, poiché tuttavia sapevo che ad altri prima di me era stata data la libertà di immaginare circoli del genere per spiegare i fenomeni degli astri, pensai che anche a me sarebbe stato facilmente concesso di ricercare se, assunto per ipotesi un certo moto della Terra, fosse possibile trovare diomostrazoni della rivoluzione delle sfere celesti più sicure delle loro.”
Così facendo, Copernico trovò numerose conferme alla teoria eliocentrica, tra cui un ordine rigoroso delle orbite e delle loro dimensioni che non rendevano più possibile ridurre o allargare a piacere le orbite di ciascun pianeta, tenendo fissi gli altri, come accadeva invece nel sistema Tolemaico, e, una volta perfezionata la sua ipotesi, pubblicò il trattato che avrebbe rivoluzionato profondamente non solo la scienza e l'astronomia, ma ogni aspetto della visione del mondo dei secoli successivi.

Bibliografia e sitografia:

• Thomas. S. Kuhn, La rivoluzione copernicana, Einaudi, Torino, 1972, ed. or. 1957
• Archimede, Arenario, in G. Cambiano, Filosofia e scienze nel mondo ellenistico, Loescher, Torino, 1976.
• Tolomeo, Almagesto, 1, VII, tr. it in F. Franco Ripellini, Cosmologie greche, Loescher, Torino 1980.
http://pro.unibz.it/staff2/fzavatti/corso/img/kepler.gif (per lo schema su velocità lineare e areolare)