2c2- Il principio di inerzia
“Ogni corpo continua a muoversi di moto rettilineo uniforme, a meno che una forza lo costringa a muoversi diversamente”: questa è la conclusione cui Galileo, applicando il metodo scientifico, giunse nel 1600.
Egli elaborò una teoria completamente innovativa e sorprendente, soprattutto per la mentalità dell'epoca, così “aristotelicizzata”.
Infatti il filosofo greco Aristotele affermava nella Fisica che “ciò che è mosso cessa di muoversi nel momento stesso in cui il motore che agisce su di esso smette di muoverlo”, volendo ovviamente intendere la velocità e la forza come fattori direttamente proporzionali.
In particolare, circa la caduta dei gravi, egli afferma che la descrizione del moto implica una relazione di proporzionalità inversa tra i pesi di due corpi e i rispettivi tempi di caduta: ovvero se un corpo cade in un determinato intervallo di tempo, un oggetto di peso doppio cade nella metà del tempo; di conseguenza maggiore è il peso di un corpo, maggiore è la sua velocità di caduta.
Rifacendosi alla cinematica, che sostiene che tutto ciò che è mosso dev'essere mosso da qualcos'altro, Aristotele ne consegue che ci deve essere qualcosa di fermo inizialmente da cui si origina il movimento, ovvero il Primo Motore Immobile.
A differenza del filosofo greco, Galileo, elaborando un esperimento su un piano orizzontale, osservò che in assenza di attrito, un corpo continua a muoversi di moto rettilineo uniforme; analizzando un caso particolare, osservò come in un corpo fermo su cui non agiscono forze esterne, questo mantenga una velocità costante di 0 m/s.
“E' lecito aspettarsi dunque che qualunque grado di velocità si trovi in un mobile, gli sia per sua natura indelebilmente impresso, purchè siano tolte le cause esterne di accelerazione o di ritardamento; il che accade soltanto nel piano orizzontale. Infatti nei piani declivi è di già presente una causa di accelerazione, mentre in quelli acclivi di ritarda mento”.
(dai Discorsi)