Tancredi Ferraris
Platone e il problema dei pianeti

2b1. Platone e il problema dei pianeti

Spiegate perché secondo Platone l’espressione astri erranti, riferita ai pianeti, contiene una “menzogna”.
Platone condanna la consuetudine di chiamare “pianeti” (planetà astra significa “astri erranti”) gli astri, ritenendola cosa assai blasfema. Se infatti gli astri, afferma Platone, sono divinità, non è anche solo immaginabile che possano “errare” come implica contraddittoriamente l'espressione utilizzata dal linguaggio per indicarli. Bisogna che i pianeti, come come tutti gli altri corpi celesti, a loro volta si muovano sempre con velocità uniforme percorrendo le medesime traiettorie circolari: le irregolarità osservate sono soltanto apparenze.

Sulla base del testo, chiarite a quali condizioni, secondo Platone, è accettabile l’idea di uno studio scientifico del cielo visibile.
Di ogni scienza anche i principi dell'astronomia devono essere saggiati dalla dialettica per verificare che siano conformi al bene; in questo caso è “bene” che i pianeti siano esseri divini, dotati di un'anima intelligente (che ne guida e causa il movimento), pertanto è altresì bene che il loro moto sia circolare e regolare, poiché, per via della forma conclusa della figura geometrica del cerchio, è quanto di più vicino all'immobile stabilità dell'essere intelligibile, nei limiti del movimento. L'astronomo deve concentrarsi sul cosmo intelligibile (basato appunto su queste considerazioni), senza tenere conto di quanto osserva concretamente, poiché i fenomeni celesti, in quanto appartenenti al mondo sensibile, non possono che essere imperfetti. Solo a queste condizioni è possibile studiare scientificamente il cielo visibile.

Da questo testo di Platone, derivano all’astronomia antica, medioevale e anche rinascimentale norme molto vincolanti. Spiegate in che senso, chiarendo contestualmente la funzione che svolge il modello astronomico a deferente e epicicli.
Platone criticò a fondo le spiegazioni della realtà naturale e del cosmo elaborate dai naturalisti, poiché basate sulla ricerca delle cause materiali dei fenomeni naturali, mentre in accordo con la sua prospettiva finalistica, Platone affermava che la vera causa di ogni ente non stava nella materia ma nel “logos”, cioè nella ragione e nel fine in vista del quale ogni ente è costituito in un certo modo. Il cosmo da osservare è quindi quello intelligibile, non quello sensibile. La dottrina platonica era quindi portata a concepire i movimenti irregolari come movimenti apparenti, non reali. A quanto dice Simplicio Platone avrebbe addirittura chiesto ai suoi studenti dell'Accademia di trovare dei movimenti uniformi e regolari che salvassero i fenomeni relativi ai movimenti dei pianeti. Da allora “salvare i fenomeni” divenne il problema per eccellenza dell'astronomia antica; vennero costruiti modelli geometrici sempre più raffinati per giustificare ogni irregolarità apparente. Il primo fu Eudosso di Cnido, ma Platone influenzò anche gli scienziati alessandrini, per niente sedotti dalle teorie epicuree poiché scarsamente interessate alla verità scientifica. All'interno di questo discorso si inserisce il modello a deferente e epiciclo. Esso nasce per giustificare il moto retrogrado dei pianeti, un movimento a ritroso lungo l'eclittica, l'orbita dei pianeti, per giunta con differenti velocità. Il modello a epiciclo viene ideato da Apollonio e Ipparco: il pianeta ruota lungo un'orbita circolare intorno a un punto che a sua volta percorre un'orbita circolare, o deferente, che ha come centro immobile la Terra. Questo modello deve la sua fortuna al fatto che spiega sia i fenomeni di retrogradazione, che le differenti velocità, che le variazioni luminose.

Approfondimento. Nel testo della Repubblica Platone paragona la funzione del bene, relativamente alla verità e alla conoscenza, a quella del sole. Esso infatti, illuminando gli oggetti, ce li fa cogliere nei loro esatti contorni; così pure fa il bene, che rende conoscibili le idee, consentendo in questo modo all'anima di giungere alla verità e alla scienza. Il ruolo della dialettica è proprio quello di verificare che i principi da cui muovono le scienze siano conformi al bene, inteso sia come “bene” morale che come “bello e buono”. Nel famoso testo dei gradi della conoscenza (o della linea) viene spiegata chiaramente la gerarchia delle scienze e il rapporto che sussiste fra loro, in particolare fra la “noesis” e la “dianoia”. Viene immaginato un segmento diviso in quattro parti di dimensioni diverse ma proporzionali l'una all'altra:

il segmento AB rappresenta l' “eikasia”, l'immaginazione, e, come il segmento BC, che rappresenta la “pistis”, ossia la fede sensibile, fa parte della conoscenza sensibile, o “doxa”. Il segmento CD è quello della “dianoia”, il pensiero discorsivo, mentre il segmento DE è quello della “noesis”, vale a dire dell'intuizione; insieme costituiscono la conoscenza razionale, o “episteme”. L'unica vera conoscenza è quella dell'ultimo segmento, in cui non c'è alcun rapporto con il mondo sensibile. Compito della filosofia, la disciplina della noesis, è quello di saggiare le ipotesi e le idee delle scienze dianoetiche facenti parte del segmento precedente, al fine di vagliarne la conformità al bene. Le scienze dianoetiche corrispondono all'incirca alle cosiddette arti del quadrivio: aritmetica, geometria, musica e astronomia. Queste scienze pur facendo parte dell' “episteme” non possono essere inserite nel segmento della “noesis”, poiché all'interno delle loro dimostrazioni fanno ricorso a immagini sensibili, seppur nella loro forma idealizzata, come punto di appoggio per arrivare a intuire le esatte proporzioni numeriche esistenti tra le cose; inoltre queste dimostrazioni muovono da ipotesi indimostrate.Nello specifico caso dell'astronomia, secondo Platone spetta alla dialettica filosofica saggiare le idee e le ipotesi di questa scienza dianoetica, al fine di verificare che le sue idee siano illuminate dalla luce del bene. L'idea di un cosmo imperfetto pertanto non supererà mai l'esame della dialettica filosofica, poiché non è bene che gli astri possano “errare”, in quanto divinità i loro movimenti devono essere assolutamente regolari.

Bibliografia:
1. F. Cioffi, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette, A. Bianchi, M. De Pasquale, I filosofi e le idee, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2005;
2. C. Esposito, P. Porro, Filosofia, Laterza Edizioni Scolastiche, 2009;