La Torre Velasca,
la Milano che guarda al futuro
Il cantiere della Torre Velasca, progettata dal gruppo BBPR, simbolo di una città in continuo mutare che sperimenta e guarda al futuro, immortalato nella fotografia di Paolo Monti da via Pantano. La Torre è ormai innalzata, ma le palizzate chiudono ancora la strada e sono tappezzate di manifesti che pubblicizzano eventi e prodotti. Richiama l’attenzione il manifesto uscito dalla matita di Pino Barale che pubblicizza il Salone dell’automobile di Torino del 1957 o dell’anno successivo: un uomo corre con un volante tra le mani sopra la sagoma di un’auto. Il Salone torinese, era la principale vetrina espositiva automobilistica internazionale e tre anni prima, nel 1954 nel capoluogo piemontese venne presentato il furgone dell’Alfa Romeo, Romeo che resterà in produzione fino al 1967, parcheggiato poco distante. Un simbolo dell’epoca, commercializzato in diverse varianti, da pick-up ad ambulanza. Lo scatto ha colto in primo piano, sotto l’insegna MOTO anche una Lambretta Innocenti e una Vespa Piaggio, testimonial dello stile italiano nel mondo, grazie al suo appeal iconico.
A tutta velocità verso il futuro
Sullo sfondo della chiesa di San Bernardino alle Ossa, la Giulietta dell’Alfa del 1955, espressione di eleganza e sportività, contrasta con le rovine del Verziere che mostrano una città ancora ferita dalla guerra. È una situazione transitoria perché Milano è un organismo in continuo divenire e l’automobile è l’emblema del desiderio di correre, andare oltre. Le elezioni politiche del 1953 hanno visto la vittoria della DC, nonostante il partito abbia perso oltre due milioni di voti rispetto alle elezioni del 1948, e i cartelli elettorali affissi sui muri rilanciano la figura di Giuseppe Saragat, socialista democratico, futuro Presidente della Repubblica. A calamitare l’attenzione, però, con i loro colori sgargianti e i messaggi accattivanti, sono i manifesti che reclamizzano prodotti sempre più accessibili anche alle fasce meno abbienti della popolazione, venduti a basso costo al supermercato, luogo iconico degli anni Sessanta.
Dal genio di Armando Testa, intorno alla metà degli anni Cinquanta, scaturisce la pubblicità dalla carne di bue in scatola della Galbani, lessata al vapore. Il maestoso toro, animale forte e dominante, qui raffigurato con la scatoletta al posto della testa, simboleggia non solo la potenza e la determinazione, ma veicola anche un messaggio di stabilità e affidabilità che ben si coniuga con il celebre claim dell’azienda, coniato nel 1956, “Galbani vuol dire fiducia”. Negli stessi anni un’altra azienda, la Unilever, aveva ben compreso l’importanza del marketing per pubblicizzare i propri prodotti di largo consumo. Il sapone delle dive, LUX, che promette una bellezza eterea, è stato uno dei primi marchi che ha legato il suo nome ai volti delle star internazionali dello spettacolo, esaltandone fascino e raffinatezza, prima fra tutte le attrici Dawn Addams e Cyd Charisse, ma non si possono non citare, tra le più celebri, Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Claudia Cardinale e Audrey Hepburn.
Tra presente e futuro,
la Milano che scompare
Piccoli negozi e bar rionali continuano a vivere nella Milano che cambia e apre le porte alle grandi catene internazionali. Sono luoghi unici, senza tempo, dove il passato, il presente e il futuro si incontrano o forse si passano accanto sfiorandosi, ciascuno con il proprio destino. Un’idea che Paolo Monti sembra voler fermare con il suo scatto: da un lato il bar con le sedie in formica e una bici, dall’altro una moto Guzzi Falcone Sport 500 e accanto, affisso sul muro, spoglio e scrostato, un manifesto, precursore di un moderno murales. Pubblicizza il detersivo in scatola OMO della Unilever che sfrutta i ritrovati della scienza per rendere il bucato bianchissimo e stride, nella sua modernità, con il piccolo mondo che le scorre accanto, destinato a scomparire.


















